L'ideologia di Antonio Gramsci
Indice
1Antonio Gramsci, formazione: dalla Sardegna a Torino
Gramsci nacque ad Ales, in Sardegna, il 22 gennaio 1891. Antonio era il quarto dei sette figli di Francesco, un impiegato nell’ufficio del Registro, e Giuseppina Marcias, di professione casalinga. Negli anni del ginnasio iniziò a leggere la stampa socialista, rivolgendo particolari attenzioni ai corsivi dell’Avanti!, periodico inviato ad Antonio dal fratello Gennaro che si trovava a Torino negli anni del servizio di leva.
Nel 1911 si diplomò al liceo Dettori di Cagliari e, nell’ottobre dello stesso anno, vinse una borsa di studio che gli consentì di iscriversi alla Facoltà di lettere con indirizzo filologia moderna presso l’Università di Torino. Da subito i suoi interessi si rivolsero allo studio della glottologia, sotto la guida di Matteo Giulio Bartoli, che aveva colto in lui un talento di studioso. L’anno seguente conobbe Palmiro Togliatti, anche lui vincitore della borsa del collegio Carlo Alberto. Il percorso di studi di Gramsci fu tuttavia seriamente penalizzato da un costante peggioramento delle sue condizioni di salute.
Nella primavera del 1913, a seguito dei grandi scioperi metallurgici, entrò in contatto con gli ambienti operai e strinse un’amicizia con Angelo Tasca, di un anno più giovane ma già attivo nel movimento giovanile socialista. Molto probabilmente fu allora che Gramsci si iscrisse al Partito socialista italiano (PSI).
Gli anni della formazione torinese furono scanditi dall’affermazione di un gruppo di socialisti dall’alto valore: Tasca, Togliatti e Gramsci decisero nel 1914 per la fondazione di una rivista socialista intitolata La Città futura.
Nella vita del giovane studioso sardo non c’erano quindi solo gli studi, le sudate carte, o le lezioni universitarie; a colpire Gramsci, in quegli anni, fu soprattutto l’umanità di chi, nelle fabbriche, viveva del proprio lavoro, e cercava di modificarne, per quanto possibile, le condizioni, mutando al tempo stesso l’esistenza di una società in continuo fermento. Erano anni di aspre lotte operaie, che subirono una brusca interruzione con lo scoppio del primo conflitto mondiale.
L’interpretazione politica della Grande guerra, pose Gramsci in forte contrasto con la linea neutralista del PSI. Per Gramsci la neutralità doveva essere attiva e operante, rappresentando un punto di partenza per la futura rivoluzione proletaria.
Negli anni tra 1916 e 1918, in cui abbandonò gli studi, per divenire redattore del Grido del popolo e dell’Avanti!, Gramsci ebbe modo di riflettere sulla portata del conflitto mondiale e sulla Rivoluzione bolscevica, chiarificando il suo orientamento marxista.
Da ricordare, per l’originale linea interpretativa, sono le considerazioni intorno al processo rivoluzionario russo: operando la rivoluzione in un Paese che non aveva conosciuto il capitalismo, i bolscevichi, secondo Gramsci, avevano ignorato il pensiero di Marx, ma non i fondamenti del materialismo storico (che aveva al suo centro l’uomo e non i bruti fatti economici). La guerra mondiale era stato infatti un evento difficilmente prevedibile, ed esso aveva condizionato inevitabilmente i successivi percorsi della rivoluzione. In Russia i bolscevichi combattevano una battaglia per creare le condizioni politiche necessarie di una società socialista. Ed è questa un’interpretazione che comportò una rottura non solo, e comprensibilmente, con la corrente riformista del partito socialista ma anche il distacco dalla corrente intransigente del PSI.
2Il dopoguerra e l’avvento del fascismo
Sull’esempio della Rivoluzione russa, Gramsci aveva individuato nel Soviet l’organo della trasformazione socialista. A tal proposito, nell’aprile 1919, insieme a Togliatti, Tasca e Umberto Terracini, fondò l’Ordine Nuovo. Dopo poco più di un anno e mezzo di pubblicazioni, il settimanale divenne quotidiano, assumendo una veste definita: primo organo del Partito comunista d’Italia (PCd’I, nato a Livorno). Nel giro di due anni, a partire dal gennaio 1921, il periodico divenne un organo di formazione politica di livello europeo, attento alla discussione delle eterogenee esperienze del comunismo internazionale. Inoltre, le colonne della rivista si trasformarono in un terreno di discussione sul movimento dei consigli di fabbrica, espressione italiana dei soviet.
Secondo Gramsci, la classe operaia era l’unica forza sociale in grado d’indicare una nuova prospettiva dopo la catastrofe della guerra mondiale, tuttavia doveva essere un partito di tipo nuovo a organizzare la forza d’urto della classe subalterna. Restava centrale l’esperienza dei consigli di fabbrica, che avevano fatto acquisire all’operaio la coscienza del proprio ruolo nel processo produttivo; non solo, quel processo, dalla fabbrica poteva essere adottato nelle campagne, per permettere alle masse contadine di emanciparsi da una secolare condizione servile.
Sullo sfondo delle teorie politiche del filosofo comunista stava un’Italia che con le elezioni del 1919 aveva assistito alla grande avanzata del PSI, a cui erano seguite un’ondata di scioperi nell’aprile 1920 e l’occupazione delle fabbriche nel settembre 1920. Lo Stato stava reagendo all’avanzata delle sinistre con una svolta autoritaria di cui erano espressione i grandi gruppi del capitalismo industriale e agrario che individuarono il nascente movimento fascista come un potenziale braccio armato degli interessi padronali.
Insoddisfatto dallo spirito di reazione del socialismo italiano, Gramsci sottoscrisse con altri compagni Il manifesto programma della sinistra del partito, che rappresenta il primo passo verso la nascita del partito comunista.
Da quel momento il rapporto di Gramsci con Mosca diviene sempre più stretto, il dirigente fu impegnato in molteplici incontri e conferenze dell’Internazionale comunista. A margine di uno di questi ultimi, incontrò Jul’ka Schucht, sua futura moglie, da cui ebbe i due figli Delio e Giuliano. Giulia era nata a Ginevra e aveva studiato a Roma, diplomandosi in violino presso l’Accademia di S. Cecilia. Nel 1917 aveva partecipato alla Rivoluzione d’ottobre e quando incontrò Gramsci lavorava come segretaria della direzione di Sindacati dei lavoratori delle arti.
La relazione con Giulia è una delle pagine più importanti della biografia gramsciana, negli stessi scritti di Gramsci compare la dimensione della lontananza dalla donna amata. La dimensione familiare e quella politica sono un aspetto ugualmente importante nelle Lettere dal carcere (prima edizione 1947) e nei Quaderni del carcere, che restano l’opera più importante per comprendere il sistema di pensiero gramsciano.
3La direzione politica, il carcere e le opere
Nel maggio 1923, Gramsci aveva avviato un carteggio con Togliatti ed altri esponenti di spicco del partito per creare, attorno al vecchio nucleo dell’Ordine nuovo, un solido gruppo dirigente che rinnovasse il partito. Non a caso, nel gennaio 1924, Gramsci avrebbe fondato una nuova testata, l’Unità.
Successivamente fu eletto deputato nell’elezioni dell’aprile 1924 ed in agosto fu nominato segretario del comitato centrale del partito, quando l’Italia attraversava una crisi successiva al delitto Matteotti.
Questo percorso fu però interrotto dall’arresto avvenuto l’8 novembre 1926 a Roma ad opera della polizia fascista, mentre Gramsci era in procinto di partire per una località della Valpolcevera, nei pressi di Genova, dove il comitato centrale del partito era stato convocato.
Gramsci fu dapprima confinato ad Ustica, poi avviato alle carceri di S. Vittore poiché deferito al Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Il processo si tenne a Roma, tra maggio e giugno del 1928, e Gramsci fu condannato ad oltre venti anni di carcere. Il luglio fu inviato nel reclusorio di Turi, dove rimase sino al novembre 1933 per essere poi ricoverato dal 7 dicembre, in stato di detenzione, in una clinica di Formia.
Fu infine trasferito a Roma nella clinica Quisisana, e dopo aver riacquisito la libertà, fu colto da una emorragia cerebrale. Morì a Roma il 27 aprile del 1937, e risposa tuttora nel cimitero acattolico di Roma.
Dal gennaio 1929 aveva ottenuto, proprio in carcere, il permesso di iniziare la stesura dei Quaderni del carcere, complessivamente 33 taccuini, di cui 21 furono scritti a Turi. Si tratta di un’opera unica nel panorama del pensiero politico mondiale: note, che a detta dello stesso autore, trattavano della storia italiana del secolo XIX (con particolare attenzione alla figura dell’intellettuale); considerazioni sulla teoria della storia e sulla storiografia; ed infine considerazioni su americanismo e fordismo. L’edizione cronologica dei Quaderni ha contribuito ad arricchire le traduzioni dell’opera, sino a renderla un autentico classico del pensiero politico del Novecento.