Aminta di Torquato Tasso: significato, trama e struttura
Indice
1Il teatro nelle corti rinascimentali
Il Quattrocento si conclude con la discesa di Carlo VIII, evento che segna l’inizio alle Guerre d’Italia e la fine degli equilibri tra i piccoli stati regionali, e l’inizio di un periodo di conflitti intestini tra le varie signorie e repubbliche della Penisola sui quali la monarchia francese e l’impero asburgico cercano di estendere il loro controllo.
Se sul piano internazionale questa dinamica, che s’interrompe solo a metà del Cinquecento, produce un importante e definitivo ridimensionamento dell’importanza dell’Italia sullo scenario europeo, sul piano della politica interna, invece, ha la diretta conseguenza di accelerare i processi di accentramento politico che già dalla metà del XV secolo si erano avviati in molti importanti centri italiani.
In altre parole, l’instabilità politica e lo stato di guerra permanente provocano la crisi definitiva dei modelli comunali e repubblicani di origine medievale e impongono quello signorile: la corte diventa il centro della politica e della cultura italiana.
I letterati si mettono a servizio di principi e cardinali e diventano cortigiani, assolvono a compiti politici, amministrativi e diplomatici, e le storie di personaggi come Ludovico Ariosto e Baldassarre Castiglione descrivono in maniera perfetta questa trasformazione.
Il linguaggio letterario si adatta alla mentalità, all’ideologia e al linguaggio elitario della corte, e altrettanto succede per le opere teatrali. Ovviamente questa nuova cultura eredita, rielaborandoli, forme e modelli di quella umanista del secolo precedente.
- Il teatro, ad esempio, riprende spesso ambientazioni che riecheggiano la mitologia classica, o hanno ambientazione boschereccia, a volte riproducono gli intrighi e le beffe dei canovacci della commedia antica;
- nei testi del teatro cortigiano, però, ci sono spesso riferimenti alle biografie e ai ruoli di personaggi appartenenti all’ambiente di corte: sintomo di una scrittura che tende a chiudersi nell’ambiente aristocratico perdendo quell’afflato popolare che invece aveva caratterizzato il teatro comunale e umanistico.
1.1La scrittura dell'Aminta
Nel 1570 Tasso segue il cardinale Luigi d’Este in una missione diplomatica in Francia, al suo ritorno abbandona il potente prelato per approdare alla corte del duca Alfonso II d’Este, il passaggio è tutt’altro che sereno e segna l’inizio dei dissapori tra il poeta e gli estensi, che contribuiranno alla sua futura instabilità personale.
Appena arrivato, tuttavia, Tasso viene accolto dal duca con tutti gli onori, conferendogli un ruolo di primo piano tra i suoi cortigiani, con incarichi prestigiosi sia dal punto di vista politico che intellettuale.
In onore del duca, nel 1573 inizia la scrittura dell’Aminta che, seppur rappresentata per la prima volta nel luglio di quello stesso anno, viene sottoposta ad una revisione costante e arriva alla sua forma definitiva soltanto nel 1580.
2L'Aminta
La vicenda si sviluppa in cinque atti e ha per protagonisti il pastore Aminta e la ninfa Silvia, di cui Aminta è innamorato: l’iniziale rifiuto della ninfa costituisce il nodo drammatico che dà l’avvio alla storia.
Ai due giovani protagonisti si affiancano due figure secondarie e più mature: Dafne, consigliera di Silvia, e Tirsi, consigliere di Aminta e proiezione dello stesso Tasso; entrambi sono personaggi disillusi e navigati, esperti in materie d’amore e privi di aspirazioni particolari.
Oltre a questi esistono dei personaggi che non hanno ruoli particolari come quello di assolvere a delle mere funzioni narrative: è il caso di Nerina ed Ergasto, che hanno il solo compito di annunciare le morti di Silvia e Aminta.
- Il primo atto si apre con un breve monologo di Amore, che dice che Venere lo vorrebbe far agire solo nelle corti, mentre in quel giorno proverà a far scoccare l’amore nei boschi, quindi entrano in scena di Dafne e Silvia. La ninfa è una seguace della dea Diana e si dedica esclusivamente all’arte della caccia, l’anziana Dafne, invece, prova a convincerla a cedere ai sentimenti e all’amore. La scena successiva ha per protagonisti Aminta e Tirsi, il giovane pastore confessa all’anziano amico il suo amore per Silvia che non riesce a dichiarare per la sua eccessiva timidezza.
- Nel secondo atto Dafne e Tirsi convincono Aminta a recarsi presso la fonte in cui Silvia è solita fare il bagno, nuda e sola, per sorprenderla. Aminta accetta il consiglio e fa per andare alla fonte, ma nel frattempo è stato anticipato da un satiro, che ha preso la giovane ninfa e l’ha legata a un albero per violentarla; Aminta arriva in tempo e fa scappare il satiro prima che questi compia lo stupro, libera la ragazza, ma questa reagisce sdegnata e se ne va senza neanche ringraziare il giovane.
- Poco dopo Nerina adocchia nel bosco i resti di un animale ucciso da Silvia, e si convince che si tratti proprio del corpo della giovane cacciatrice, divorato dalle bestie. Aminta, già rattristato dal comportamento di Silvia, si dispera quando Nerina gli dà la notizia che l’amata è stata divorata dai lupi e decide di togliersi la vita. Quando Silvia viene a sapere delle intenzioni di Aminta scoppia in lacrime e capisce di essere anche lei innamorata del giovane pastore.
- Convinta che il ragazzo sia morto, e incapace di affrontare quel dolore, Silvia prende la decisione di uccidersi anch’essa, ma il musico Elpino la blocca rivelandogli che Aminta aveva deciso di togliersi la vita lanciando si da un dirupo, ma la sua caduta era stata attutita da alcuni cespugli e perciò egli era malconcio ma vivo.
- Silvia corre da lui carica di commozione e lo abbraccia mentre è ancora privo di sensi, Aminta si risveglia così tra le braccia dell’amata. La commedia termina con le nozze dei due.
2.1L'età dell'oro
Nella commedia tassiana i modelli tipici del teatro e della cultura umanista vengono calati nella realtà cortigiana: è del resto quanto dice Amore nel monologo iniziale, quando annuncia di voler uscire dalla corte per far innamorare due giovani anche fuori da lì, dimostrando così come il giovane dio sia insediato negli ambienti di corte.
L’ambientazione bucolica, la proiezione dello stesso Tarso sull’anziano Tirsi, i riferimenti alle dinamiche di corte sono parte di questo doppio piano che sovrappone continuamente realtà e mito.
Nell’ambientazione dell’opera si percepisce ancora l’eco di quel mito dell’età dell’oro di origine classica ampiamente ripreso dagli umanisti, un’epoca di equilibrio, in cui ciò che offriva la natura bastava a saziare gli appetiti degli uomini e l’amore era vissuto in maniera libera da moralistici sensi di colpa, un’era di idilliaca felicità.
Naturalmente anche questa visione dell’età dell’oro viene, per così dire, calata nella violenta attualità del Cinquecento, e infatti l’Aminta si distacca dalla tradizione per la presenza di passioni forti, che quasi sfociano nella violenza, come accade per lo sventato stupro da parte del satiro o il tentato suicidio dei protagonisti, elementi che incupiscono il racconto e incrinano l’idillio del contesto in cui si svolge l’azione, senza spezzarlo realmente.
3L'Aminta e la corte
La prima rappresentazione dell’Aminta avviene sulla piccola isola del Belvedere sul Po, una delle delizie che i duchi di Ferrara avevano fatto erigere come luoghi di villeggiatura e divertimento.
Come le altre delizie, anche in questa elementi architettonici e naturali si compenetravano in uno scenario che richiamava direttamente alle situazioni idilliache e bucoliche tanto presenti nell’immaginario umanista, e la rappresentazione di una commedia boschereccia in un ambiente simile dev’essere stato sicuramente di grande effetto.
Linguaggio, ambientazione, ideali edonistici, innamoramenti, idilli, suggestioni classiche ed eredità umaniste: tutto nell’Aminta contribuisce a dare il peso di quanto quest’opera teatrale si compenetrasse con la realtà elitaria della corte estense dandone una rappresentazione idealizzata.
L’opera si rivolge in maniera velata ma diretta a un pubblico preciso che, sentendosi protagonista di quelle storie, riesce facilmente a immedesimarsi nelle vicende rappresentate.
4Perché l'Aminta è considerata un capolavoro?
Quest'opera è considerata uno dei capolavori della letteratura pastorale italiana ed è significativa per diversi motivi:
- Genere Pastorale: "Aminta" appartiene al genere pastorale, che è un tipo di dramma ambientato in un mondo idillico e campestre popolato da pastori e ninfe. Questo genere presenta spesso un contrasto tra la vita semplice e la natura idealizzata, rispetto ai conflitti e alle complessità della società reale.
- Celebrazione dell'Amore e della Natura: Nel dramma, l'amore è uno dei temi centrali. L'amore tra Aminta, un giovane pastore, e Silvia, una ninfa, è ritratto con passione e purezza. La natura circostante svolge un ruolo significativo, riflettendo le emozioni dei personaggi e contribuendo all'atmosfera idillica.
- Lotta Emotiva dei Personaggi: "Aminta" esplora le emozioni umane complesse e le sfide dell'amore. I personaggi devono affrontare conflitti interiori, gelosie, desideri e sacrifici, creando una narrazione ricca di tensioni emotive.
- Influenza dell'Arcadia: L'opera è influenzata dall'ideale dell'Arcadia, un'immaginaria regione campestre associata alla poesia pastorale e all'armonia naturale. Questo influisce sulla rappresentazione di un mondo in cui la bellezza e la purezza dell'amore si scontrano con la crudezza del mondo reale.
- Forma e Stile Elegante: "Aminta" è scritto in versi endecasillabi e segue uno schema metrico regolare. La lingua utilizzata è raffinata ed elegante, riflettendo lo stile della letteratura rinascimentale.
- Valori Idealizzati: L'opera trasmette valori come la bellezza, l'innocenza, la purezza e l'armonia, che caratterizzano spesso il genere pastorale. Questi valori idealizzati si scontrano con la realtà dei conflitti e delle passioni umane.
Nell' "Aminta" di Torquato Tasso l'amore e la natura vengono celebrate attraverso una narrazione coinvolgente. L'opera riflette i temi e i valori dell'epoca rinascimentale, esplorando le complessità emotive dei personaggi in un contesto idilliaco.