Allegoria: cos'è e come funziona in Letteratura e nell'arte
Indice
- Cos’è l’allegoria?
- Una metafora continuata
- A che serve l’allegoria?
- Che rapporto c’è tra allegoria e simbolo?
- L’allegoria nel medioevo
- Il mondo classico e l’Apocalisse di San Giovanni: un vasto repertorio allegorico
- Cicli delle stagioni, trionfi, scene esemplari della quotidianità
- Cosa vuol dire interpretazione allegorica?
- In conclusione
- Guarda il video sulle principali figure retoriche
- Concetti chiave
1Cos’è l’allegoria?
Partiamo da una definizione generale di “allegoria”, figura retorica usatissima in campo letterario e iconografico, con la quale un significante oltre a denotare sé stesso esprime anche un concetto, un significato secondario, senza che il primo sia per questo annullato (come avviene nella metafora semplice invece).
In una metafora semplice se dico “i mille occhi del cielo” (le stelle) è evidente che sto annullando il primo significato della parola “occhi” traslandolo con un’analogia verso il significato secondario, cioè le stelle.
Se invece io dico che Dante è in una selva oscura posso intendere sia il significato letterale, sia il significato secondario: Dante è un rappresentante dell’umanità perso nella selva del peccato.
Chiaro fino a qui? Dunque c’è intanto una differenza empirica che potremmo attribuire alla durata dell’immagine. Dante è pellegrino per un intero poema; la metafora delle stelle e degli occhi dura un verso.
2Una metafora continuata
Fu il grande Aristotele a definire l'allegoria come una «metafora continuata», nel senso che abbiamo appena cercato di capire.
Ripetiamo: mentre la metafora consiste in un termine/frase trasferito dal concetto al quale propriamente si applica ad altro che abbia qualche somiglianza col primo, l’allegoria è piuttosto il racconto di un’azione da interpretare diversamente dal suo significato letterale. È comunque vero che i due significati – letterale e allegorico – non si annullano necessariamente.
L'etimologia di questa parola è infatti molto indicativa: viene dal greco ἀλληγοϱέω (allegoréo) che significa 'parlare diversamente' (da ἄλλοϚ – allos – ‘altro’ e ἀγοϱεύω – agoreuo – ‘parlo’).
Già secondo la tradizione greca i poeti proprio perché ispirati divinamente dal dio e dalle muse, celavano nelle loro parole una sapienza nascosta per cui era necessaria un’interpretazione.
L’allegoria quindi implica sia una funzione attiva, creativa, quando si elabora coscientemente un’immagine simbolica o allegorica; sia l’operazione interpretativa in chiave allegorica di un testo letterario o figurativo.
Un esempio di allegoria interpretativa è nelle parabole del Vangelo, quando Gesù spiega le verità della fede in modo semplice crea delle allegorie (pensa, che so, alla parabola del buon seminatore) che non tutti riescono a capire «Chi ha orecchie intenda»; poi lui stesso interpreta per i suoi discepoli.
Possiamo anche prendere come esempi i miti greci che hanno tutti un significato allegorico: Sisifo, Tantalo, Tizio… sono allegorie delle sofferenze dell’umanità, come ci dice il poeta latino Lucrezio. La loro verità non è certo storica, ma filosofico-esistenziale.
3A che serve l’allegoria?
Non si può dire a che serve, ma a chi serve. Perché l’allegoria è anche e soprattutto un modo di pensare la realtà. Quindi l’allegoria serve, di base, a spiegare meglio dei concetti perché li rappresenta in modo analogico attraverso l’uso di simboli che il lettore può intendere usando la corretta chiave interpretativa.
Va da sé che, se non si possiede la chiave interpretativa, non si riesce a capire fino in fondo ciò che lo scrittore vuole dirci e quindi è paradossalmente vero anche il contrario: l’allegoria può anche nascondere il vero significato di un testo.
Fin qui tutto chiaro? Procediamo.
4Che rapporto c’è tra allegoria e simbolo?
Abbiamo accostato simbolo (dal lat. symbŏlus e symbŏlum, a sua volta viene dal gr. σύμβολον (sýmbolon): «accostamento», «segno di riconoscimento») e allegoria e metafora che appartengono al parlare figurato.
Vediamo però la differenza tra simbolo e allegoria nelle parole di Siro A. Chimenz:
«Tra allegoria e simbolo la parentela è strettissima, e le interferenze normali. Simboli entrano di solito nelle concezioni allegoriche, ed elementi allegorici nei simboli; sicché assai spesso è difficile e discutibile distinguere in una figurazione la sfera dell’allegoria da quella del simbolo.
Tuttavia esiste tra loro una differenza genetica fondamentale: l’allegoria è un’astrazione tradotta in forme concrete ad essa fedelmente rispondenti; il simbolo è una forma concreta autonoma, vivente di vita propria, da cui scaturisce un significato astratto.
Generalmente, poi, l’allegoria si sviluppa in un’azione o composizione più o meno ampia, e il simbolo, invece, è espresso da un’azione breve o anche solo da figure» (Dante Alighieri. Cultura, politica, poesia, a cura di T. Di Salvo, 181).
5L’allegoria nel medioevo
Se diciamo allegoria e medioevo subito pensiamo a Dante e alla Commedia. E facciamo bene, ma cerchiamo di prendere il discorso un po’ più alla lontana per poi arrivare al sommo poeta. Nel medioevo questa figura retorica spopola trovando il suo humus ideale.
Il medioevo vive di allegorie perché la complessità del mondo necessita di essere letta e interpretata con l’uso di simboli trascendenti. Si tratta di un procedimento analogico che gerarchizza la realtà su più piani semantici dove tutto ha un suo corrispettivo nel regno ultraterreno.
Immagina: Beatrice è una giovane che fa innamorare il Dante adolescente; nel regno ultraterreno che Dante rappresenta Beatrice è la guida teologica che svela al poeta i segreti dell’amore.
Il servirsi di immagini seconde, connotative, e non prime, denotative, sottolinea la necessità di riconoscere nelle cose, al di là del loro valore esistenziale e intrinseco, il segno del trascendente, in accordo con lo specifico dell'etica cristiana.
D’altronde, rifletti: il simbolo della cristianità è il Crocifisso che rappresenta perfettamente questa idea di trascendenza.
Tutto ciò che esiste sul piano dell’orizzontalità, ossia la realtà terrena, dovrà compiersi e realizzarsi pienamente (nel suo significato) nella realtà ultraterrena.
Questa è la trascendenza per l’uomo medievale. Questo è il modo con cui Dante crea lo spazio-tempo narrativo e l’impalcatura allegorica della sua opera.
Così tutta l’esperienza terrena è riscattata dalla terra e si compie nel cielo. Inoltre tale procedere rende sensibili ed esperibili i testi e le verità dottrinali. Ma quali sono i “serbatoi” retorici da cui attingere immagini allegoriche?
6Il mondo classico e l’Apocalisse di San Giovanni: un vasto repertorio allegorico
Nel mondo cristiano il testo che per eccellenza è allegorico e fonte di numerosissime figurazioni fu l’Apocalisse di San Giovanni, opera tutta allegorica dal tono apocalittico (soprattutto nel senso di rivelatore) e profetico.
Leggiamo dall’Apocalisse:
«Quando l'Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, vidi e udii il primo dei quattro esseri viventi che gridava come con voce di tuono: «Vieni».
Ed ecco mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora». (6, 1 – 2).
L’Agnello, i sette sigilli, il cavallo bianco, l’incoronazione… hanno un significato allegorico.
Così come la Gerusalemme terrena e celeste:
«Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più.
Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo» (21, 1 – 2).
Così, anche diffusissime iconografie medievali come il Giudizio universale, la Visione del trono, la Fontana della vita, i Sette cavalieri – furono prese direttamente dalle descrizioni di Giovanni e utilizzate nell’arte figurativa.
Tuttavia scrittori e artisti del medioevo avevano a disposizione anche le fonti classiche che subirono un processo di risemantizzazione e adattamento alle mutate esigenze etiche e morali.
Omero (Odissea in particolare, Sirene, Circe, Ulisse, etc), Ovidio (le Metamorfosi), Virgilio (Bucoliche, Georgiche ed Eneide) divennero anch’essi fonte di allegorie in chiave cristiana, dando origine al famoso sincretismo di cui abbiamo l’esempio più famoso proprio nella Commedia di Dante.
Ma anche l’aldilà classico viene ripreso con i suoi abitanti ciascuno con un proprio significato, riscattati proprio come figure di vizi e virtù.
Per quanto riguarda i Trionfi l’immaginario allegorico è molto ampio e può variare dai personaggi storici, ai miti, ai romanzi cavallereschi, ma anche attività dell'intelletto e dell'azione umana attraverso la rappresentazione delle arti e dei mestieri.
Tutto in un certo senso è “allegorizzabile”.
Non dimentichiamo: l’uomo del medioevo pensa la realtà in simboli e allegorie e lo fa in modo convinto e convincente, aumentando il proprio repertorio di immagini dall'Antichità classica, con creazioni originali e ricodificazioni.
L’allegoria nel Medioevo non fu mai sterile esercizio retorico o cervellotico, ma uno strumento efficace di traduzione della realtà in simboli, per volgersi al trascendente attraverso la similitudine. È un processo di avvicinamento del trascendente.
7Cicli delle stagioni, trionfi, scene esemplari della quotidianità
Abbiamo tutti in mente le rappresentazioni dei Trionfi: molto famoso è il Trionfo della Morte di Brueghel, quadro spaventoso e affascinante, ma anche lo scheletrico cavaliere dell’Apocalisse nell’affresco di Palazzo Abatellis a Palermo.
Il genere dei trionfi era molto usato nel medioevo e ispirava cicli di affreschi, ma anche opere letterarie (I Trionfi di Petrarca).
Era una rappresentazione allegorica della realtà vista in una particolare chiave interpretativa: Trionfo dell’Amore, della Gloria, della Morte, della Poesia.
Tutto il quadro era composto in tale chiave prospettica e aveva una forte valenza simbolica e/o ammonitrice.
Un’altra tipica rappresentazione allegorica del medioevo è quella dei Vizi e delle Virtù come vediamo nell’Allegoria del Buono e del Cattivo Governo di cui ci dà il massimo esempio il pittore Ambrogio Lorenzetti a Siena.
Non ultimo un tipico ciclo allegorico (idealmente connesso con il buono e cattivo governo) lo troviamo nei cicli dei mesi e delle stagioni che ispira sia l’arte pittorica (ad esempio a Trento nella Torre dell’Aquila o nel Palazzo della Ragione a Padova), sia la letteratura (tra tutti i cicli dei mesi di Folgore da San Gimignano e Cenne de la Chitarra).
Non dimentichiamo poi l’iconografia cristiana in senso stretto: la colomba, il buon pastore e il gregge, il pesce… sono tutte immagini che hanno una valenza allegorica, e si sono affermati già dai primi secoli del cristianesimo.
Dunque, per quanto riguarda le arti figurative, l'artista medievale ha solo l’imbarazzo della scelta: dalle immagini tratte da testi di carattere religioso (Sacre Scritture), ai miti e ai personaggi della tradizione culturale greca e romana riadattate e rinnovate secondo le mutate esigenze culturali, spirituali e politiche.
8Cosa vuol dire interpretazione allegorica?
Con un'interpretazione allegorica si intende un'interpretazione, di un testo o di un'immagine, diversa da quella del suo significato proprio, letterale o visivo che sia.
Questo procedimento permette di sottintendere e a volte nascondere (ad occhi inesperti o inadatti a cogliere il messaggio) un ulteriore contenuto simbolico, da decifrare tramite la conoscenza del contesto culturale di riferimento e del codice comunicativo utilizzato.
L'interpretazione allegorica parte sempre da dati oggettivi, elementi reali che però nella composizione del discorso alludono a significati codificati, che richiedono al lettore/spettatore un'elaborazione razionale degli elementi a disposizione.
Dove non si hanno documenti attestanti le peculiarità di un ambiente culturale, il significato allegorico rischia di andare perso.
9In conclusione
Abbiamo prima usato il simbolo della croce per spiegare l’allegoria medievale: piano orizzontale (realtà terrena) e piano verticale (realtà ultraterrena); questi due piani sono in comunicazione come se la croce fosse, banalizzando, un sistema cartesiano.
Direi che questa immagine è la migliore: tutto ciò che avviene, è avvenuto o avverrà nel mondo ha avuto, ha e avrà una perfetta rispondenza in chiave trascendente. È l’esigenza del senso, del significato, della propria vita.
L’allegoria è anche il punto di contatto tra la realtà storica e quella ultraterrena.
Diamo la parola al grande Singleton, che tira le somme sull’allegoria nella Commedia, ma in fondo a tutto l’allegoria medievale:
«Potranno esserci altri lettori, che per leggere il poema [la Commedia n.d.r.] nel modo in cui esso esige d’esser letto, saranno disposti a compiere lo sforzo di ristabilire al fondo della loro mente ciò che la mentalità medievale accoglieva senza esitazioni: l’ampio e indubitabile disegno di una possibilità offerta all’uomo ora, nel grande dramma di salvazione che è la vita di quaggiù.
Questa possibilità consiste in un itinerarium mentis ad Deum, in quanto evento reale che ha luogo nella vita di qualcuno: una conversione dal dolore e dalla miseria del peccato allo stato di grazia, come avvenimento reale dell’anima – e, per questo poeta medievale, qualcosa che può prendere vita nello specchio dell’allegoria» (Ch. Singleton, da Viaggio a Beatrice).