Alessandro Manzoni: idee civili e politiche, religiosità e Romanticismo
Indice
- Le idee civili e politiche di Alessandro Manzoni
- L’illuminismo manzoniano tra ateismo e impegno civile
- La religiosità di Manzoni e il Romanticismo
- Il Romanticismo milanese di Manzoni e i rapporti con Il Conciliatore
- Le idee del Manzoni sull'epoca espresse nei Promessi sposi e in Storia della colonna infame
- Il pericolo della massa e l’idea di popolo
- La poetica manzoniana
- Lettera sul Romanticismo (1823)
- Del Romanzo Storico (1830-1845)
- Dialogo dell'Invenzione (1841-1845)
- Concetti chiave
1Le idee civili e politiche di Alessandro Manzoni
Nella sua lunga vita Alessandro Manzoni assistette agli avvenimenti di quasi un secolo di storia. La sua formazione affonda prima le sue radici nel cristianesimo bigotto e poi nell’illuminismo e poi di nuovo nel cristianesimo, di tipo cattolico liberale.
Era ragazzo all’epoca della rivoluzione francese e vide nascere e decadere l’astro napoleonico. Da lì seguirono gli anni dei moti rivoluzionari e l’inizio del Risorgimento italiano. Come è cambiato il pensiero manzoniano nel corso di tanti anni e tante vicende? Partiamo dal principio.
2L’illuminismo manzoniano tra ateismo e impegno civile
Manzoni ebbe una formazione rigidamente cattolica che rifiutò non appena poté svincolarsi dal padre e andare a Parigi dalla madre dove entrò in contatto con gli ideologi de Tracy, Cabanis, Thierry, Fauriel. Abbracciò la corrente illuminista tradotta in un atteggiamento razionalistico e laico nei confronti del mondo ed è l’aspetto poetico-filosofico più importante della giovinezza.
Si vendicò idealmente della rigida educazione cattolica ricevuta presso i Padri Somaschi divenendo anticlericale e giacobino, entusiasta della rivoluzione francese e dei suoi tre dictat “libertà, fraternità, uguaglianza”.
Manzoni ebbe l’opportunità di vivere a Parigi negli anni dell’ascesa napoleonica, la città simbolo del nuovo, la capitale del razionalismo. Eppure furono anche altre le conseguenze di questo soggiorno poiché qui avvenne la crisi religiosa e spirituale che lo portò a mutare radicalmente stile e principi di vita.
3La religiosità di Manzoni e il Romanticismo
Conquistata la fede, Manzoni sentì nascere in sé l’idea di un nuovo modello esistenziale: interpretare (ma anche sopportare) con la fede il male inspiegabile del mondo, poiché la fede destina l’uomo al bene eterno agendo per la via imperscrutabile della Provvidenza, una forza attiva e non passiva. La sua "conversione" coinvolse tanto la sfera intima quanto la sfera pubblica, poiché esigeva un cambiamento da promuovere nella società.
La letteratura sarebbe stata un mezzo per diffondere questo nuovo ideale. Manzoni divenne così il rappresentante più insigne dell’area liberale dell’illuminismo e della profondità etica della fede cattolica ripresa nella cultura romantica mettendosi al lavoro per il rinnovamento della nazione italiana.
Il suo impegno risorgimentale dunque si allinea con il cristianesimo e, anzi, ne trova alimento e ispirazione. Il romanticismo di Manzoni è allora il frutto dell’ideologia borghese con le sue visioni moderne, armonizzato dalle virtù cristiane che servono anche a sostenere l’urto della storia, del male del mondo e della Natura.
4Il Romanticismo milanese di Manzoni e i rapporti con Il Conciliatore
Manzoni fu vicino al movimento romantico milanese, seguendone gli sviluppi, ma senza partecipare direttamente alle polemiche tra classicisti e romantici: anche la sua partecipazione alla rivista Il Conciliatore è indiretta, pur appoggiando tutte le idee che vi si proponevano.
In quegli anni, tuttavia, scrive poesie che costituiscono un raccordo tra tema civile, patriottico e romantico. Nel 1815 scrive il Proclama di Rimini, esaltando l'iniziativa di Gioachino Murat che da Napoli aveva risalito col suo esercito la penisola, invitando gli italiani a combattere contro gli austriaci per l'indipendenza nazionale. Nel 1821 ci furono due grandi eventi politici: nel mese di marzo, Carlo Alberto dopo i moti concede la costituzione al Piemonte. Sembra l’avvio di una sommossa popolare che sarebbe potuta sfociare in altri moti rivoluzionari in Lombardia, ma non è così.
Il 5 maggio sull'isola di Sant’Elena si spegne Napoleone Bonaparte, il genio dell’epoca, l’uomo invincibile. Da ciò nascono le due odi Marzo 1821 e Il 5 maggio.
È certamente con I promessi sposi e con la contestuale Storia della colonna infame (pubblicata a margine del romanzo) che sono poste le basi di una nuova letteratura aperta al pubblico ampio del romanzo: Manzoni attua un processo di unificazione dell’immaginario e della lingua nazionale.
All’indomani dell’unità d’Italia, la sforzo di Manzoni si traduce in un impegno crescente nel creare un’identità di valori comune agli italiani, ivi compresa la famosa questione della lingua italiana, un obiettivo ancora lontano da raggiungere. Non solo, Manzoni sarà anche uno dei sostenitori della capitale d’Italia a Roma. Come vedi, grazie a lui si configura meglio quell’Italia che oggi noi conosciamo.
5Le idee del Manzoni sull'epoca espresse nei Promessi sposi e in Storia della colonna infame
Sono molte le motivazioni politiche dietro I promessi sposi e Storia della colonna infame. La svolta religiosa aveva creato conseguenze importanti e non dimentichiamo che l’opera venne pensata all’indomani dei moti del 1821 e doveva innescare un processo di identificazione in ideali comuni che avrebbero dovuto animare il popolo italiano a sentirsi nazione e a credere in un progetto ordinato di riscatto socio-politico con la cacciata del (pessimo) governo austriaco dal nord Italia. Tutto sembra collegarsi in una lotta epica contro il concetto di male declinato in più aspetti messi a fuoco dalla letteratura. I promessi sposi sono quindi anche la summa di tale concezione del mondo e rispondono anche alla necessità di fornire un modello etico-sociale, spesso ricavabile in controluce all’interno di queste due opere. Vediamo alcune di queste aspetti.
5.1La giustizia in Manzoni
Nel descrivere la società seicentesca, Manzoni evidenzia i legami e gli intrecci tra potere pubblico e privato. Nel romanzo possiamo notare un quadro disastroso di una società senza legge dove nobiltà e clero (la parte istituzionale della Chiesa, esposta alla corruzione o incapace di prendere una posizione contro il male) si favoriscono e creano un potere dispotico e allo stesso tempo anarchico rendendo impossibile l’uguaglianza di fronte alla legge.
Manzoni condanna il carattere feudale di questa legge, frutto di giochi di alleanze e gerarchie e lascia intuire il modello al positivo, cioè quello della carta dei diritti del cittadino, di leggi chiare, di un’equa ripartizione di diritti e doveri tra tutte le classi sociali.
5.2L’Economia in Manzoni
Secondo Luigi Einaudi, il celebre capitolo dei Promessi sposi in cui è descritta la carestia è un capolavoro di economia politica. Ma vediamo quali sono stati gli studi economici condotti dal nostro autore mentre attendeva alla stesura della sua opera: il Traité di Say (1819) e dello stesso autore il Corso di economia politica (letto tra il 1830-1840).
La cultura economica del Manzoni si ricava nel corso dei capitoli XII, XXVIII e XXXVII, i primi due dedicati alla carestia e l'ultimo ai mutamenti che in certi mercati determina la peste. La fonte logica della sua analisi economica è costituita da una adeguata concezione della modalità con cui si forma il prezzo in un mercato concorrenziale: sono le condizione oggettive di quest’ultimo a determinarlo e il prezzo è da considerare in equilibrio quando riesce far coincidere la domanda con l’offerta di un certo bene. «Come scrive nel XXVIII capitolo, il prezzo è giusto quando risulta naturalmente dalla proporzione tra il bisogno e la quantità, e le sue variazioni derivano dall'alterazione di questo rapporto: cosi se la penuria del grano produce quel "suo doloroso, ma salutevole come inevitabile effetto, il rincaro (cap. XII), le conseguenze della peste consentono a Renzo di comprarsi una casa più grande e di ammobiliarla facilmente" ché tutto era a buon mercato, essendoci molta più roba che gente che la compressero (cap. XXXVI)» (Giuseppe De Luca). Diventa quindi legittima un’economia di mercato fondata sulla libera concorrenza e sulla libera contrattazione della forza lavoro.
5.3Fede e Progresso in Manzoni
Per il Manzoni credente, la Provvidenza è artefice del rilancio della società borghese. È la Provvidenza che ha creato un Napoleone giustiziere degli antichi regimi. Dunque la borghesia è una forza provvidenziale capace di muovere il mondo e il suo progresso.
La fede gioca un ruolo centrale perché Manzoni comprende che l'unico modo per collegare la borghesia alle classi povere è quello di creare un’alleanza con la Chiesa affinché sostenga e non contrasti tale movimento, spingendo invece tutti a collaborare al bene comune.
Nel romanzo c'è poi un’analisi delle cause della carestia che risalgono alle responsabilità degli uomini, non tanto (o non solo) a quelle naturali che hanno anch’esse il loro peso. Ad esempio la guerra, che distrugge i raccolti e allontana la gente dai campi, o le tasse imposte senza criterio.
6Il pericolo della massa e l’idea di popolo
Con spirito borghese Manzoni (ma anche conservatore da nobile qual era) si pone di fronte al problema delle masse popolari e ne descrive gli effetti tanto nel capitolo sull’assalto ai forni quanto in quello sulla peste. Anche nella Storia della colonna infame, Manzoni medita con pessimismo sulla straordinaria pericolosità della massa vista come priva di controllo e al tempo stesso facilmente manipolabile dalla paura. La massa è violenta. Ma allora come si passa da massa a popolo? E quale sarebbe l’idea di popolo per Manzoni?
Manzoni aveva conosciuto da giovane Vincenzo Cuoco, il quale sosteneva che la rivoluzione napoletana del 1799 era fallita perché aveva applicato principi generali (della rivoluzione francese) ad una situazione sostanzialmente diversa. Cuoco prospettò a Manzoni una diversa idea di popolo, come un prodotto unico di una tradizione, di una storia, di una cultura e di una lingua. Vale a dire che tali caratteristiche non possono essere annullate in nome di un progetto studiato a tavolino, dall’esterno. Prendere coscienza della propria originalità è compito di ogni popolo e di ogni individuo. Ciò implica un atto razionale, certo, ma come si conciliano l’unicità e l’esigenza di ordine e organizzazione o di rinnovarsi?
Manzoni penserà a lungo a questo problema finché non giungerà all’idea di una Chiesa come Popolo di Dio, dopo la sua conversione. Infatti Manzoni si accorge che anche il progetto di popolo di stampo romantico manteneva un carattere troppo particolaristico e non si conciliava con l’idea di ordine universale sentita da Manzoni.
Che cosa poteva fondere la particolarità dei popoli con quest’ordine universale? Risposta: l’idea cristiana di popolo supera il particolarismo romantico senza annullare le differenze tra i popoli stessi. Il concetto di popolo cristiano è più del cosmopolitismo illuminista (solo teorica in verità) e si issa sull’idea di fratellanza universale alla portata di tutti cui si sceglie di appartenere per scelta collaborando. Questa fu la soluzione manzoniana.
7La poetica manzoniana
Nella prefazione a Il conte di Carmagnola (1820) Manzoni espone i principi ispiratori della sua produzione, dichiarando di essersi ispirato al Corso di letteratura drammatica di Schlegel e giustifica a livello teorico la rottura delle unità aristoteliche di tempo e spazio (accetta invece l’unità di azione). La verosimiglianza, afferma l’autore, nasce dalla relazione delle azioni tra loro e non dal seguire delle regole obbligate.
Manzoni riprende dalla tragedia greca il coro che però diventa un punto di osservazione della scena sulla scena stessa, in cui l’autore può commentare liberamente quanto sta accadendo (lo chiama «cantuccio»).
Nella Lettre à M. Chauvet (1820) Manzoni motiva il suo rifiuto delle unità aristoteliche di tempo e di luogo già esposto in precedenza. Afferma che la storia è l'unica fonte della poesia e che la storia ha uno sviluppo molto più ampio di quelle rigide unità. Dunque l’argomento della letteratura dovrà essere il vero storico.
Lo storiografo scrive i fatti nel loro aspetto esteriore, il poeta dovrà scovare i pensieri, i sentimenti che hanno accompagnato le azioni di quei personaggi affinché la verità si riveli. Questa è la differenza tra “vero storico” e “vero poetico”. Inoltre ogni azione storica a ben vedere si distingue per «un carattere particolare, quasi individuale, qualcosa di esclusivo e proprio che la fa ciò che essa è»: il poeta deve saper cogliere questo carattere, e deve «interessare per mezzo della verità: non domandiamogli altro che di essere vero».
8Lettera sul Romanticismo (1823)
La lettera consta di due parti, una negativa e una positiva. Nella prima parte Manzoni sostiene che il Romanticismo rifiuta l'imitazione pedissequa (ma non la lettura) dei classici, e quindi anche le unità di tempo e di luogo, la mitologia. I due primi rifiuti sono giustificati dal fatto che sono «irragionevoli», cioè senza senso: infatti una storia non si può sviluppare naturalmente in un unico spazio e nell’arco di un giorno. La mitologia, infine, va rifiutata perché è falsa, inutile e noiosa.
Allora nella seconda parte Manzoni evidenzia i suoi tre assi cartesiani della letteratura. Questa deve avere:
- per oggetto il vero (vero storico-morale): comportamento degli uomini nella storia;
- per fine l'utile utile inteso anch'esso in senso morale: collaborare alla giustizia e al bene attraverso il progresso morale e civile;
- per mezzo l'interessante, non solo per «le persone più dotte», ma «per un maggior numero di lettori».
La storia è ancora riproposta come magistra vitae – maestra di vita – come leggiamo nell’Introduzione alla Storia della colonna infame. Manzoni capisce che lì si può scavare per trovare risposte più profonde. Questa attenta rivalutazione della storia, l’inseguirne la verità, la dimensione religiosa dell’esistenza e l’aspirazione a un progresso morale e civile sono capisaldi del romanticismo manzoniano.
9Del Romanzo Storico (1830-1845)
Il problema del vero diventa un cruccio per Manzoni, il quale si chiede se sia possibile esprimerlo non solo attraverso i fatti storici, ma anche attraverso l'invenzione poetica: che sarebbe una contraddizione in termini. Insomma quale dovrebbe essere la percentuale ammissibile di invenzione da poter inserire in un romanzo storico? In questo saggio diventa problematico tutto ciò che in precedenza era apparso come soluzione.
L’intento di Manzoni in questo discorso è dimostrare che ciò è impossibile e assurdo, in quanto:
- l'unico vero con carattere di storicità è quello positivo, e il verosimile di per sé non vi aggiunge nulla;
- è impossibile fondere Storia e Invenzione, cioè Vero e Verosimile.
In base a queste premesse sembrerebbe che Manzoni sconfessi I promessi sposi. Forse, in verità, la riflessione teorica lo aiuta a capire le ragioni intime della sua opera. L’ultimo tassello di questa meditazione è nel successivo Dialogo dell’Invenzione.
10Dialogo dell'Invenzione (1841-1845)
Costituisce la risposta alla domanda: il vero e il bello, il vero storico e l'immaginazione, il bello morale e il bello artistico, tutto questo dove trova la propria ragionevolezza? In che modo possono essere coerenti? Manzoni sostiene che l'artista, a differenza dello storico, «inventa». L’etimologia gli viene in soccorso perché la parola «inventare» viene dal latino «invenio» che significa «trovare» qualcosa che preesiste, rendendo presente alla mente un'idea che già esisteva prima che l'artista la trovasse e poi la rivelasse. E tali idee possono trovarsi solo nella mente di Dio. L'inventare assume il significato di scoperta del Vero di Dio.
Come conseguenza il romanzo storico non è più unione di storia (vero) e di invenzione (falso) falso, ma di vero storico e vero poetico, due vie diverse di rappresentare il Vero di Dio. Il poeta allora non è un genio soggettivo, che crea da sé la verità, ma si mette a servizio dell’unica verità già esistente (appunto la verità di Dio).
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Domande & Risposte
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Perchè Manzoni è pessimista?
Perchè pensa che l'individuo, pur conoscendo la differenza tra ciò che è buono e ciò che è male, causa dolore al prossimo per egoismo.
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Cosa pensa del male Alessandro Manzoni?
Il male è una presenza insistente nella vita delle persone e, anche se potrebbe non capirsene il senso, rientra in un disegno divino che avrà certamente senso.
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Cosa rifiuta del Neoclassicismo Alessandro Manzoni?
Per Manzoni la letteratura deve avere un fine educativo e civile mentre il Neoclassicismo ha, nelle sue basi, fantasia e mitologia che mal si conciliano con la vita reale delle masse a cui lui vuole arrivare con le sue opere.