"Al primo chiaro" e "Il fiore che ripete": testo e commento alle due poesie di Eugenio Montale
Testo e commento ai due componimenti di Eugenio Montale: "Al primo chiaro" e "Il fiore che ripete" dalla raccolta Occasioni (1928 - 1939), entrambi nella sezione Mottetti. A cura di Marco Nicastro.
"AL PRIMO CHIARO" E "IL FIORE CHE RIPETE": TESTO
I due componimenti che seguono hanno notevoli analogie tra loro e infatti Montale le inserisce nella stessa sezione delle Occasioni.
Al primo chiaro, quando
subitaneo un rumore
di ferrovia mi parla
di chiusi uomini in corsa
nel traforo del sasso
illuminato a tagli
da cieli ed acqua misti;
al primo buio, quando
il bulino che tarla
la scrivania rafforza
il suo fervore e il passo
del guardiano s’accosta:
al chiaro e al buio, soste ancora umane
se tu a intrecciarle col tuo refe insisti.
Il fiore che ripete
dall'orlo del burrato
non scordarti di me,
non ha tinte più liete né più chiare
dello spazio gettato tra me e te.
Un cigolìo si sferra, ci discosta,
l'azzurro pervicace non ricompare.
Nell'afa quasi visibile mi riporta all'opposta
tappa, già buia, la funicolare.
COMMENTO
Anche in questo caso, come in precedenza, ho scelto di commentare contemporaneamente due poesie della sezione Mottetti, sia perché caratterizzate da un linguaggio analogico in cui cioè i significati vengono comunicati tramite l'accostamento di immagini apparentemente non collegate tra loro da un punto di vista semantico; sia perché in entrambe il poeta si rivolge a una donna, che diventa il riferimento centrale dei componimenti (come del resto avviene in tutta la sezione); sia perché, infine, entrambi i componimenti si articolano in due momenti diversi corrispondenti alle due brevi strofe, che per alcuni aspetti si contrappongono specularmente.
COMMENTO "AL PRIMO CHIARO"
Nella prima poesia ad esempio abbiamo la contrapposizione del «primo chiaro» del mattino (prima strofa) e il «primo buio» della sera (seconda strofa), momenti però accomunati dall'importanza della percezione sonora di rumori provenienti da una realtà che pare attutita e da cui il poeta sembra quasi escludersi. Il rumore del treno, nella prima strofa, che attiva a sua volta l'immagine di uomini chiusi nei vagoni e nelle gallerie dei monti; nella seconda strofa abbiamo invece l'accostamento del rumore del bulino che tarla e dei passi di un misterioso guardiano. Emergono poi nelle due strofe delle presenze umane tenui e non ben identificate, che rimarranno tali («soste ancora umane») fino a quando la donna desiderata, con la sua presenza, riuscirà a dare senso al tutto, a integrare i pezzi di una realtà che tende a perdere senso con l'azione unificatrice del suo filo refe. Notevole quindi il gioco dei rimandi realizzato da Montale in così pochi versi (chiaro-scuro, rumore di ferrovia-passo del guardiano, traforo del sasso-bulino che tarla).
COMMENTO A "IL FIORE CHE RIPETE"
Nella seconda poesia si presentano immagini analoghe, specie nella centralità della percezione uditiva («il fiore che ripete», «un cigolio che ci sferra»):
- il contrasto chiaro-scuro («non ha tinte più liete, né più chiare» – «opposta tappa, già buia, della funicolare»)
- il ricordo della donna
- l'immagine finale di qualcosa (la funicolare in questo caso) che collega e unisce delle parti distanti come il filo refe della prima.
In entrambe le poesie, infine, ci sono varie rime che “rammendano” i versi, rimandando ancora a quella funzione di collegamento tra le parti che è centrale in entrambe le poesie.
CONCLUSIONE
Cosa vuole comunicarci Montale con questi due componimenti? Forse che in una realtà da cui ci si sente distanti, o in cui ci si sente soli o fragili («chiusi uomini», «bulino che tarla», «dall'orlo del burrato / non scordarti di me», «al buio» ecc.) può esserci qualcuno cui affidare la speranza di tenere uniti i pezzi della nostra esistenza, dandole un senso e una coerenza che altrimenti non avrebbe. Per il Montale delle Occasioni, nello specifico, questo qualcuno era una donna, ma potrebbe anche essere la poesia e la letteratura in generale, se si pensa, affidandosi per un attimo all'immaginazione, al fatto che il filo refe citato nel verso finale della prima poesia è usato nella realtà anche per rilegare i libri. Come il refe tiene insieme le pagine di un libro, così la donna amata (o anche la poesia, per Montale) tengono assieme le pagine della vita.
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