Raffaella Schneider: La curiosità per la scienza è nata sui banchi di scuola
Raffaella Schneider studia il modo in cui si sono formate stelle, galassie e buchi neri: un amore per le STEM nato a scuola col maestro Manzi
STEM: DONNE E SCIENZA
Raffaella Schneider è Professoressa Associata di Fisica alla Sapienza di Roma. Se dovesse spiegare a un adolescente il suo lavoro, lo farebbe così: “Mi occupo di cercare di ricostruire, interpretando le osservazioni con dei modelli teorici, come si siano formate le prime stelle, le prime galassie e i primi buchi neri. Questo avveniva nel primo miliardo di anni di vita dell'Universo, ovvero quando l'Universo aveva meno del 10% della sua età attuale”.
Raffaella è arrivata a questo traguardo con passione e determinazione, dopo aver scelto consapevolmente la strada delle STEM. L’ispirazione arriva da un’opportunità speciale che le si presenta al penultimo anno di liceo: “ho avuto la fortuna di essere selezionata per un corso di orientamento pre-universitario che la Scuola Normale di Pisa organizzava a Cortona” racconta. “Ho assistito a lezioni di fisica, di neuroscienze, di astrofisica, di letteratura, di filosofia”. Le materie sono tante, e Raffaella ha un dubbio: “Ero molto indecisa” spiega “mi piaceva la fisica ma mi piaceva molto la storia dell'arte”.
È allora che decide di chiedere consiglio a un professore, Radicati di Brozolo: “Alla mia domanda: ‘Come si riesce a capire se questa strada, quella della fisica, è la strada giusta?’ lui rispose: ‘Se dopo avere capito un argomento di fisica hai provato emozione, allora è la strada giusta’”.
STEM A SCUOLA
Radicati di Brozolo aveva ragione. A pensarci bene, l’emozione per la scienza Raffaella l’aveva già provata qualche anno prima, in classe alle elementari con il maestro Alberto Manzi, quello che negli anni ’60 insegnava in TV agli italiani ancora analfabeti a leggere e a scrivere. “Il maestro Manzi aveva trasformato la terrazza della scuola, adiacente alla nostra classe, in un laboratorio a cielo aperto. Coltivavamo piante, osservavamo la crescita dei girini, sezionavamo pesci per studiarne l'anatomia e facevamo esperimenti di fisica, con leve e bilance” ricorda Raffella. “Ho un ricordo bellissimo delle discussioni che seguivano: ci si sedeva in cerchio e ciascuno poteva esprimere la sua opinione. Il maestro moderava con sapienza e ci guidava, ma non ci dava mai una soluzione”.
Quando Raffaella si iscrive a Fisica, all’Università, le studentesse non sono moltissime, ma neppure poche. Sono invece le professoresse a scarseggiare: “l'unico corso tenuto da una Professoressa che ho seguito nei miei anni di Università è stato quello di Chimica” racconta. Oggi che è lei ad insegnare in quello stesso Ateneo, qualcosa di diverso c’è: “Le cose sono cambiate, ma purtroppo con grande lentezza” spiega. “Siamo 118 tra professori, ricercatori e ricercatori a tempo determinato. Di questi, le donne sono appena 13, di cui solo 5 professoresse associate e appena 2 professoresse ordinarie”.
Si potrebbe fare di più, certo, ma all’estero le cose non sono poi migliori, nonostante l’Europa si impegni molto per favorire l’accesso delle donne in progetti che riguardano le STEM.
Purtroppo “gli studi mostrano che gli stereotipi di genere si sviluppano già nei primi anni di scuola” ricorda Raffella, citando un’indagine del 2009 promossa dall’Istituto Nazionale di Astrofisica in collaborazione con il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Padova, in cui era stato chiesto a dei bambini fra e 6 e i 13 anni di rappresentare un laboratorio e le persone che vi lavoravano: “circa il 90% dei disegni rappresentava uno scienziato uomo, un po’ attempato” racconta Raffaella “Circa metà delle bambine più piccole, dai 6 agli 8 anni, ha disegnato scienziate donne, sorridenti, con gonne e scarpe con i tacchi. Ma questa percentuale diminuisce molto con l'età e le ragazze più grandi hanno disegnato per lo più scienziati uomini”. La conseguenza? Che il pregiudizio per cui la scienza è cosa da uomini può facilmente radicarsi nelle donne, e quando questo accade, smontarlo è molto difficile.
Ascolta su Spreaker.“Quando ti hanno esplicitamente e implicitamente convinto del fatto che il tuo compagno di scuola in matematica e fisica sarà sempre più bravo di te, ottenere lo stesso successo, un 8 al compito in classe, un 30 all'esame, una borsa di dottorato, richiederà molta più fatica. E questo è profondamente ingiusto” dichiara Raffaella, che di questioni di genere nella scienza si è sempre interessata, al punto da essere stata la prima donna in Italia a poter congelare la borsa di dottorato per la maternità, cosa fino ad allora non consentita. Sarà forse anche per questo che sull’ingresso delle donne nei progetti relativi alle STEM non ha dubbi: “la ricerca scientifica è un processo creativo e come tale necessita di punti di vista diversi. Non possiamo perderci per strada il 50% delle intelligenze e delle idee”.
PROGETTI STEM
Insieme ad altre ricercatrici italiane, Raffaella fa parte del progetto First, finanziato dallo European Research Council sulla base di una sua proposta del 2012. Il progetto, che le ha consentito di finanziare un gruppo di ricercatrici e ricercatori, studia il modo in cui si sono formate stelle e galassie quando l'Universo era appena nato.
Un progetto che ha anche attirato l’attenzione della Nasa, e gestito da un team tutto al femminile. “Nel 2017, insieme a due ricercatrici del gruppo FIRST (Edwige Pezzulli e Rosa Valiante) e ad altre tre collaboratrici di altri istituti di ricerca (Maria Orofino e Simona Gallerani della Scuola Normale, e Tullia Sbarrato dell'Università di Milano Bicocca) abbiamo pubblicato uno studio sull'osservabilità dei primi buchi neri “spiega Raffaella “È stato solo al momento di spedire il lavoro alla rivista scientifica che abbiamo notato, con divertimento, che eravamo sei autrici, tutte italiane, tutte precarie tranne me”.
Nella carriera di Raffaella non sono mancati naturalmente momenti di difficoltà: “Subito dopo essermi laureata ho fatto domanda per borse di dottorato anche all'estero, una in Francia, e ho partecipato al concorso per entrare alla Scuola Superiore di Studi Avanzati (SISSA) a Trieste.
Non riuscii a entrare e anche la mia domanda per la posizione in Francia non andò bene” ricorda Raffaella. Ma non tutto il male viene per nuocere: “Qualche mese dopo, però, passai la selezione per il dottorato in Fisica alla Sapienza” continua “Pochi mesi dopo avere iniziato il dottorato ho avuto il mio primo figlio”.
Se le chiedi quale sia stato il suo più grande successo, Raffaella non ha dubbi: “è stato quello di vincere la mia prima posizione di ricerca a tempo indeterminato. Era il 2004, avevo da poco avuto il mio secondo figlio, e avevo alle spalle oramai 3 anni di dottorato e quasi 5 anni di post-dottorato. Mi ero data una scadenza: o passi il concorso o cambi lavoro. Era il primo grande concorso nazionale dell'Istituto Nazionale di Astrofisica. Più di 500 partecipanti per circa 15 posti. Quando ho saputo di essere passata ho provato una gioia immensa”.
DONNE E SCIENZA: LAVORO
Anche se non ha mai abbandonato la ricerca, Raffaella ha pensato anche alla strada dell’occupazione in azienda, facendo colloqui al termine del suo dottorato di ricerca: “Ne feci uno in una grande industria aereo-spaziale e uno in una società di consulenza. In entrambi i casi mi vennero offerte delle posizioni, che io rifiutai” racconta. “Credo che anche se gli anni sono cambiati, il mondo del lavoro continui ad apprezzare la competenza, la versatilità e la preparazione dei laureati in fisica. La fisica è una materia bellissima e appassionante, insegna a risolvere problemi complessi e questa capacità ha delle applicazioni assolutamente trasversali”.
Anche se le donne che hanno dato un grande contributo al mondo della scienza sono moltissime, Raffaella preferisce non citarne di famose, quando le viene chiesto se c’è un personaggio che stima in modo particolare: “Ci sono tanti nomi di scienziate famose che potrei fare“ dice “invece la mia stima profonda va a tutte le giovani donne che inseguono i loro sogni e le loro passioni e che cercano con tenacia di raggiungere i loro obiettivi, anche se a volte a prezzo di grandi sacrifici”.
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