Il 500 in Europa: crescita demografica, rivoluzione dei prezzi e produzione capitalistica
Indice
1Il 500 e l’espansione demografica
Il secolo che iniziò dopo la scoperta dell’America avrebbe portato dei grandi cambiamenti di carattere politico, sociale, economico ed anche culturali. Durante il ‘500 i cambiamenti toccarono la vita materiale e la sfera privata di ciascun europeo: ‹‹una delle conseguenze economiche più significative dello sviluppo commerciale dei secoli XVI e XVII fu l’accumulazione di ricchezza che esso permise in taluni Paesi europei›› (Carlo M. Cipolla, Storia economica dell’Europa preindustriale).
Quella svolta dell’economia capitalistica è inevitabilmente legata al sensibile aumento della popolazione, ad esempio: ‹‹si può supporre che verso il 1560 la Germania abbia di nuovo raggiunto la densità demografica del periodo precedente alla peste, cioè degli anni intorno al 1340›› (Wilhelm Abel, Congiuntura agraria e crisi agrarie).
- Tutto Storia: schemi riassuntivi e quadri di approfondimento
Per conoscere e ricordare i concetti, gli eventi e i principali avvenimenti della storia dalle origini a oggi.
La crescita demografica fu evidente soprattutto nelle città, anche alla luce degli spostamenti dalle campagne verso i centri urbani, inurbamenti così drastici da provocare, in molti casi, il raddoppiamento degli abitanti nei centri cittadini. Inevitabilmente, variò anche il rapporto tra centro e campagna.
A dispetto di una popolazione in forte aumento, la durata della vita restava a livelli bassissimi, anche per l’altissima mortalità infantile. In sintesi, la società del XVI secolo aveva caratteristiche opposte alla nostra: l’Europa era popolata da giovani e bambini a differenza dell’epoca attuale in cui le popolazioni europee sono le più vecchie del globo.
2Aumento della popolazione nel ‘500: costo della vita e redditi
Per comprendere le dinamiche storiche del ‘500, diventa quindi importante rintracciare le cause di un aumento della popolazione così rilevante. Una delle ragioni principali è l’aumento dei prezzi, che incise sui costi dei generi di prima necessità: grano, orzo e segale, che aumentarono fino a quindici volte in pochi decenni.
Il cambiamento innescò, almeno in parte, un circuito virtuoso che ebbe l’aspetto principale nella riconversione delle colture. C’erano naturalmente anche aspetti negativi: il numero degli uomini aumentò più rapidamente della produzioni dei beni che occorrevano a sfamarli, tuttavia gli uomini del XVI s’impegnarono strenuamente per accrescere la quantità delle risorse, riuscendoci grazie alla messa a coltivazione di nuove terre. Progressi notevoli si registrarono anche sotto il punto di vista qualitativo: il sistema delle opere idrauliche in Lombardia fu un esempio di efficienza per il sistema dell’irrigazione.
Nel contempo, la terra diveniva sempre più un “affare”, generando speculazioni intorno ai profitti derivati dall’agricoltura, con un crescente ricorso alle culture specializzate.
Ad esempio, la produzione di gelso nel Regno di Napoli (finanziata dai grandi banchieri genovesi) rappresenta al meglio il fenomeno del capitalismo agrario, pur non essendo una cartina al tornasole della quotidianità dei contadini europei, che restava segnata da fenomeni tipici di un mercato precapitalistico. Quello del ‘500 fu un cambiamento economico grandioso, ma dobbiamo doverosamente consideralo all’interno di uno scenario di arretratezze di cui era ancora pieno il continente.
Altra conseguenza dell’aumento della popolazione fu la diminuzione del potere d’acquisto. Il denaro che ricevevano i prestatori d’opera era quantitativamente maggiore, ma valeva molto meno: i lavoratori potevano acquistare un quantitativo di merci inferiore ai decenni precedenti. Ad essere particolarmente colpito fu il consumo delle carni: le calorie vegetali sostituirono quelle animali.
Aspetto non irrilevante fu un cambiamento della gestione dei grandi fondi agricoli. Molti proprietari, che ricevevano un canone fisso, videro decurtati i propri redditi, e scelsero di amministrare direttamente le tenute o di aumentare i fitti. Molto spesso, i piccoli coltivatori non avevano i mezzi per apportare miglioramenti in grado di aumentare il livello di produzione, e quindi fallirono, andando ad ingrossare le file dei disoccupati.
Potremmo quindi semplificare questo passaggio chiave, riassumendo in tre punti le conseguenze della rivoluzione dei prezzi:
- abbassamento del valore reale dei salari;
- diminuzione della rendita fondiaria;
- nascita di un sistema di profitti e speculazioni.
3Concentrazioni di capitali, scambi commerciali e Borse nel ‘500
La concentrazione di capitali è un altro degli aspetti che caratterizzarono il ‘500. Uno dei temi che meglio aiutano a comprendere il processo è dato dall’intensificazione delle attività estrattive caratterizzate dalla presenza delle fonderie e degli altiforni.
Questi ultimi avevano fatto la loro comparsa in Germania nel XV secolo. Consistevano in un forno murato in cui il minerale veniva deposto su strati di carbone di legna accesi, attizzati da giganteschi mantici, solitamente azionati dall’energia idraulica. Mediante la fusione, si otteneva la ghisa che passava nelle fonderie, dove veniva lavorata. Alla grande necessità di legno, fu sopperito con la massiccia distruzione di molti manti boschivi europei.
L’accresciuta produzione di ferro consentì l’impianto d’industrie metallurgiche di trasformazione, che pur non essendo così numerose, ebbero un impatto qualitativo rilevante; infatti, tale attività umana richiedeva una forte specializzazione insieme a grandi investimenti di capitali. Per tale ragione alcuni storici rintracciano in queste strutture la lontana origine dell’industrializzazione moderna.
La più importante industria dell’epoca restava però quella tessile. A differenza del comparto metallurgico, il tessile non richiedeva particolari specializzazioni. La grande massa di operai era formata da contadini-operai che oscillavano tra il lavoro nei campi e la mansione della tessitura, proprio in un periodo in cui le famiglie borghesi perfezionavano la dimensione del risparmio e dell’accumulazione, che aveva tra le espressioni migliori il rigore nel governo domestico (“masserizia”), mirabilmente descritto dall’umanista e architetto Leon Battista Alberti: ‹‹l’avanzo si serbi, se caso venisse servirne all’amico, al parente, alla patria›› (L. B. Alberti, I libri di famiglia).
Siamo difronte a due dimensioni diseguali: la prima, quella dei salariati, che non riesce a liberarsi dal bisogno e la seconda, della borghesia imprenditoriale, che parla di “avanzi”.
L’industria tessile aveva i centri principali in Italia e nei Paesi Bassi, in particolare nelle Fiandre. Erano produzioni di altissima qualità, che gareggiavano con le migliori produzioni inglesi. In questo scenario concorrenziale, l’Italia si trovava all’avanguardia anche per la produzione della seta che veniva esportata in gradi quantità dal Regno di Napoli e successivamente lavorata nelle più importanti seterie della penisola, a Genova, Firenze, Venezia, Milano, Como e Lucca. La produzione della seta era redditizia anche in Spagna e Francia, mentre la Germania divenne la terra del fustagno, un tessuto ben più economico della lana.
Come abbiamo accennato, l’aumento dei prezzi danneggiò i salariati ma arricchì le categorie che operavano in maniera dinamica in un contesto di continui cambiamenti. L’Europa del ‘500 fu terra di conquista per banchieri, mercanti e industriali.
Tra questi spiccava la famiglia dei Fugger, composta da banchieri tedeschi che finanziarono sovrani e principi in cambio di concessioni monopolistiche. I Fugger controllavano le miniere d’argento e soprattutto quelle di rame in Ungheria e Slovacchia. Le ricchezze venivano reinvestite in molteplici attività come i grandi trasferimenti di denaro dagli ecclesiastici francesi alla Curia romana, la già citata produzione del fustagno e il finanziamento dei commerci portoghesi transoceanici.
Proprio il coinvolgimento dei governi nei traffici internazionali, spinse i Paesi maggiormente coinvolti (Spagna e Portogallo) a creare un sistema che regolamentava il commercio oceanico. I centri principali erano Siviglia, scelta come base per gli scambi con le Indie, e Lisbona, a cui la corona portoghese controllava i traffici coloniali.
Le due città della penisola iberica non erano però gli unici centri da cui venivano amministrate le ricchezze del continente. Ad una ricchezza dovuta ad una scelta governativa – nelle due città avevano sede le istituzioni chiave per le politiche della colonie – si contrapponeva Anversa, crocevia della finanza internazionale. Sempre legate alla forte dimensione internazionale erano le Borse, luoghi d’incontro di banchieri e mercanti coinvolti a vario titolo nelle sorti affaristiche del continente europeo.
In quelle sedi venivano gestiti ingenti capitali, sia fissi che circolanti. I primi erano di lunga durata e servivano al lavoro umano, come i mezzi di produzione che venivano utilizzati per produrre altre ricchezze. I capitali circolanti erano rappresentati da elementi che partecipavano direttamente al sistema produttivo: materie prime quindi, ma anche salari.
In questo sistema di circolazione, a caratterizzazione commerciale, è individuabile la presenza di un capitalismo precedente all’affermazione del sistema industriale. È evidente che esistettero, anche in una società come quella del ‘500, delle zone favorevoli alla riproduzione del “capitale” indagato nell’Europa dell’Ottocento da Karl Marx.
4Guarda il video su Karl Marx
-
Domande & Risposte
-
Perché il 500 è un secolo di crescita e trasformazione?
Perché nasce un nuovo sistema economico sostenuto dalle ricchezze provenienti dalle nuove scoperte geografiche.
-
Quali sono i cambiamenti che avvengono nella società del 500?
C'è maggiore ricchezza per via delle ricchezze che arrivano dal Nuovo mondo e quindi benessere, crescita demografica, rivoluzione dei prezzi e produzione capitalistica.
-
Perché nel 1500 aumentano i prezzi?
Perché il numero degli uomini aumenta più rapidamente dei beni necessari a sfamarli.