La Divina Commedia | Video

Questo monumentale capolavoro dantesco, massima espressione di tutta la letteratura italiana, è un unico viaggio allegorico che il poeta compie attraverso i mondi ultraterreni al fine di ritrovare fede e pace interiore perdute

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L'opera è divisa in tre cantiche: "Inferno", "Purgatorio" e "Paradiso", ciascuna delle quali si compone di trentatre canti, scritti in terzine incatenate e versi endecasillabi. Un canto proemiale porta il numero totale dei canti a 100, ma è il numero perfetto e mistico per eccellenza, il 3, ad essere il fondamento di tutta l'opera.
Non si conosce la data esatta della sua composizione ma i critici contemporanei concordano sul fatto che l’Inferno fu iniziato dopo l’esilio di Dante avvenuto nel 1302. Il Purgatorio attorno al 1313 mentre il Paradiso tra il 1316 ed il 1321.

Tematiche e contenuti hanno carattere personale ed universale; punti centrali sono la redenzione del poeta e dell’umanità ma anche la redenzione politica: l'umanità, infatti, con la guida della ragione rappresentata da Virgilio e con l’aiuto dell'impero, raggiunge la felicità naturale, ovvero la giustizia e la pace rappresentate dal paradiso terrestre.
Altra tematica trattata è la redenzione religiosa: la guida della fede, personificata da Beatrice, porta alla felicità soprannaturale, ovvero al Paradiso.

La struttura della Divina Commedia coincide con la raffigurazione cosmologica dell’immaginario medievale. Il viaggio all’Inferno e sul monte del Purgatorio simboleggiano l’attraversamento dell’intero pianeta, descritto come fosse una sfera, dalle profondità alle regioni più elevate. Il Paradiso, invece, è una rappresentazione simbolico-visuale del cosmo tolemaico.

La prima cantica che Dante scrive è “l‘Inferno”. La sua forma è quella di un cono rovesciato, uno scuro imbuto nel cui fondo è conficcato l'angelo del Male, il ribelle Lucifero, posto così nel luogo più lontano da Dio di tutto l'universo.
Dante e la sua guida spirituale, Virgilio, lo discendono completamente, incontrando via via dannati colpevoli di delitti sempre più gravi.

I personaggi danteschi sono figure storiche e mitologiciche, ma anche contemporanei del poeta, protagonisti delle lotte intestine che dilaniavano i comuni italiani.
Lo sdegno del poeta colpisce i protagonisti di questo degrado morale concentrandosi in contro la corruzione del clero e del papato, più propensi ad occuparsi dei beni temporali che alla salute spirituale della cristianità.

Le vicende personali di Dante, costretto all'esilio dopo anni di lotte tra le fazioni dei guelfi Neri e Bianchi di Firenze, offrono la chiave di lettura con la quale comprendere l'opera.

Dopo la discesa agli inferi Dante risale nell'emisfero australe, dove sorge la montagna del Purgatorio; qui coloro che in vita si macchiarono di colpe minori si purificano attendendo il momento in cui potranno salire al cospetto del Creatore e prendere posto tra i beati.
L'atmosfera di questa seconda cantica è molto più serena e calma, e la salita del monte si svolge senza intoppi; lo stesso Dante man mano che passa da una cornice a quella superiore vede mondarsi la propria anima dal peso dei peccati compiuti.

Al termine si arriva nel Paradiso terrestre, dove la narrazione del viaggio lascia il posto ad allegorie mistiche sul ruolo dei due massimi poteri del tempo, il papato e l'impero, e sulla confusione dei loro rispettivi poteri nell'Europa del tardo Medioevo.

Qui Virgilio, fedele compagno simboleggiante la ragione, lascia Dante alla guida di Beatrice: occorre infatti la Fede per salire al Paradiso e presentarsi al cospetto di Dio. La Beatrice che qui Dante ritrova non è più la donna sensuale delle canzoni amorose del giovane poeta: ora è una figura celestiale, spiritualizzata dalla Fede, che si pone come modello di vita religiosa e di splendore mistico, priva di caratteristiche terrene e completamente appagata dall'abbandono a Dio.

Nel Paradiso Dante e Beatrice risalgono i cieli dei pianeti e delle stelle fisse, dove si presentano loro i beati che in diversa misura godono della contemplazione del Creatore; qui Dante incontra tra gli altri tutti i maggiori esponenti del pensiero cristiano, che si uniscono a lui nella deplorazione per la rovina dell'edificio che essi avevano costruito così mirabilmente; al termine dell'ascesa Dante giunge nell'Empireo, doveil mistico per eccellenza, San Bernardo, lo conduce alla visione di Cristo, della Vergine e dei Santi.

La visione di Dio non può più essere un processo sensitivo, data l'insufficienza della condizione umana: solo un fugace atto intuitivo, permesso dalla Grazia divina, può far sì che Dante "veda" il Creatore di tutte le cose; ma il mistero divino e quello dell'Incarnazione di Cristo rimangono impossibili da penetrare e ancor più da riferire.

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