Charles Sanders Peirce e la semiotica: pensiero e libri

Pensiero e opere di Charles Sanders Peirce, fondatore del pragmatismo e padre della moderna semiotica, o teoria del segno

Charles Sanders Peirce  e la semiotica: pensiero e libri
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CHARLES SANDERS PEIRCE

Charles Sanders Peirce è noto soprattutto per i suoi studi legati alla semiotica, ma è stato anche matematico, filosofo, logico, scienziato e accademico. La sua formazione logico-scientifica deriva dalla figura del padre, matematico presso l'Università di Harvard.

PEIRCE, LA VITA

Peirce nasce a Cambridge il 10 settembre 1839. La sua formazione è prevalentemente scientifica: si laurea infatti a pieni voti in chimica. Tiene alcune lezioni di logica della scienza ma la sua carriera accademica non è molto fortunata, a causa della sua eccentricità ed originalità. Muore a causa di un tumore nel 1914.

I suoi scritti sono attualmente raccolti nel Collected Papers, una raccolta di otto volumi pubblicata tra il 1931 e il 1958. I restanti manoscritti coprono circa 40.000 pagine. Peirce è ritenuto il fondatore di quella parte della semiotica detta "interpretativa".

PEIRCE, IL PENSIERO

I due punti cardine delle riflessioni di Peirce, per quanto concerne la teoria della conoscenza, sono:

  • La critica del nominalismo, al quale egli contrappone il realismo
  • Il rifiuto dell'intuizionismo.

Cominciamo col dire, anzitutto, che per nominalismo si intende una dottrina filosofica, secondo la quale gli "universali" non esistono come realtà, né nelle cose né al di fuori delle cose, tra i filosofi nominazionalisti più importanti si ricordano Abelardo e D'Occam, i quali sostenevano che teli "universali" sono solo delle operazioni mentali del pensiero umano necessari per poter parlare delle cose, ed era proprio questa l'idea a cui Peirce era totalmente contrario.

Charles Sanders Peirce
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Affianco al nominalismo, abbiamo detto, nella critica di Peirce troviamo anche il cosiddetto "intuizionismo cartesiano", ossia quella teoria che presuppone che ci sia un rapporto tra il soggetto che si trova in una data realtà, che conosce, e gli oggetti di questa realtà. Locke parlava di conoscenza intuitiva e intendeva proprio la conoscenza come fonte primaria e immediata della verità. Peirce, invece, parlava di conoscenza mediata, poiché, a suo modi di vedere, la conoscenza procede per ipotesi e assestamenti, e ciò, è confermato anche dalla psicologia, la quale afferma che conoscenza è sempre data da un'integrazione di dati.

CHARLES SANDERS PEIRCE SEMIOTICA

Se dunque l'uomo non può servirsi di intuizioni immediate, allora, evidentemente, è costretto a fare dei ragionamenti, cioè delle "inferenze". Gli elementi che compongono un processo inferenziale sono tre:

  • Un caso
  • Una regola
  • Un risultato

Combinando questi tre elementi noi potremmo ottenere tre tipi di inferenza, che vengono distinti a seconda dell'ultimo elemento che la compone, dunque avremo:

  • Deduzione (caso – regola – risultato) ;
  • Induzione (caso – risultato – regola) ;
  • Abduzione (regola – caso – risultato) ;

Facciamo degli esempi.

Deduzione

  • CASO: Marco è albino
  • REGOLA: tutti gli albini hanno gli occhi chiari;
  • RISULTATO: Marco ha gli occhi chiari.

Questo tipo di ragionamento si limita a calcolare una conseguenza logica. Il risultato, che sarà sempre sicuro, sarà la conseguenza necessaria di una regola che si applica a quel caso.

Induzione

  • CASO: Marco è albino;
  • RISULTATO: Marco ha gli occhi chiari;
  • REGOLA: tutti gli albini hanno gli occhi chiari.

In questa situazione, caso e risultato rappresentano le premesse da cui, per generalizzazione, si istituisce una regola, che avrà sempre un margine di errore, poiché, dice Peirce, con l'induzione allarghiamo la nostra conoscenza istituendo regole con un certo rischio, che, tuttavia, sarà piuttosto limitato.

Abduzione

  • RISULTATO: Marco ha gli occhi chiari;
  • REGOLA: tutti gli albini hanno gli occhi chiari;
  • CASO: Marco è albino.

In questo caso si fa una vera e propria scommessa, nel senso che nessuno ci garantisce che Marco sia albino, lo stabiliamo noi su una base di fragili indizi, e l'unico modo per confermare questa tesi, è quello di ricorrere ad una verifica sperimentale. Due caratteri fondamentali dell'abduzione sono:

  • Il carattere di retroduzione dell'ipotesi;
  • Il carattere di spiegazione causale.

Nell'abduzione, la scommessa sta nel considerare il risultato come un caso da ricondurre ad una regola che, non è necessariamente l'unica regola funzionante, ecco perché l'abduzione, producendo ipotesi, regola ogni forma di indagine.

La chiave di volta della struttura abduttiva, è il "termine medio", ossia un dispositivo che fa scattare l'intero processo.

L'ABDUZIONE IN PEIRCE

Secondo Bonfantini e Proni, il margine di rischio delle abduzioni può dar vita a sua volta a tre tipi di abduzione, che si caratterizzano con tre gradi ascendenti di originalità e creatività, dunque avremo:

  • Primo tipo di abduzione: in questo caso la legge – mediazione a cui si ricorre è data in modo obbligante e automatico o semiautomatico;
  • Secondo tipo di abduzione: in questo caso la legge mediazione viene reperita per selezione nell'ambito dell'enciclopedia disponibile;
  • Terzo tipo di abduzione: qui, la legge mediazione viene inventata.

Come esempio di primo tipo troviamo le sensazioni, poiché Peirce ci dice che la sensazione è già un'interpretazione selettiva e unificatrice di diverse impressioni esercitate dallo stimolo su vari nervi e centri nervosi: questo tipo di abduzioni è a bassa densità creativa.

Per quanto riguarda le abduzioni di secondo tipo, come esempio Peirce cita sovente l'ipotesi di Keplero sull'ellitticità dell'orbita di Marte, dove l'abduzione è di certo più innovativa rispetto a quella delle sensazioni, poiché la regola viene posta per spiegare il risultato, e quindi ricondurlo ad un caso.

Per quanto riguarda il terzo tipo, si tratta certamente delle abduzioni con il grado di creatività più alto perché la legge deve essere costituita ex novo, e dunque è di certo il caso delle scoperte più innovative e radicali.

LA TEORIA DELLA CONOSCENZA DI PEIRCE

La teoria della conoscenza di Peirce è strettamente correlata con la semiotica, disciplina del quale lui si autodefinisce un pioniere, e che spiega come

(...) la dottrina della natura essenziale, e delle varietà fondamentali di ogni possibile semiosi, dove per semiosi si intende un'azione (...) che coinvolga una cooperazione di tre soggetti (...) un segno, il suo oggetto e il suo interpretante (...).

Peirce sostiene che nel circuito della semiosi il primato vada attribuito alla realtà esterna: il punto di partenza è dunque l'oggetto, che costituisce quindi il primo motore delle semiosi.

L'oggetto può essere identificato con quello che Peirce chiama Oggetto Dinamico, ossia la cosa in sé. Per poter rendere conto degli oggetti della realtà esterna, abbiamo bisogno di segni, i quali costituiscono il fulcro della semiosi, in quanto mediano fra l'oggetto e l'interpretante.

Per svolgere questa funzione il segno deve illuminare l'oggetto, coglierne delle qualità; l'oggetto viene illuminato poiché viene interpretato, poiché su di esso si fanno delle ipotesi.

Ciò che viene selezionato e trasmesso di un dato oggetto costituisce, nella terminologia di Peirce, il "ground" .

IL SEGNO SECONDO CHARLES SANDERS PEIRCE

L'illustrazione, secondo Peirce, rientra nella categoria dell'icona
Fonte: ansa

Il segno di Peirce non è biplanare, anche se, in certi passaggi, egli sembra fare riferimento ad un'espressione che rimanda ad un contenuto. In diverse occasioni il filosofo usa il termine representamen nel senso di significante, e parla di Oggetto Immediato per indicare il contenuto di un segno. L'unica via per cogliere l'oggetto immediato, ossia per delineare il contenuto di un segno, è quella di ricorrere ad un Interpretante, cioè ad un altro segno che ci dice qualcosa in più del segno di partenza, dunque stando a questo principio la semiosi diventa illimitata, poiché, potenzialmente, il ricorso agli interpretanti è infinito.

Peirce parla di fuga degli interpretanti, che, avrebbe un ritmo triadico: avremo infatti un Interpretante immediato, ossia il primo effetto del segno sulla mente dell'interprete, un Interpretante dinamico, ossia l'effetto realmente prodotto sulla mente dell'interprete, ed un Interpretante logico – finale, ossia un'interpretazione che blocca, anche solo temporaneamente, il processo della semiosi.

L'unico interpretante che può essere prodotto come ultimo, cioè che non sia segno di nient'altro, è secondo Peirce, un "mutamento d'abito", cioè la disposizione ad agire in un certo modo. Accade qualcosa del genere quando, nel tentativo di spiegare qualcosa a qualcuno, si ricorre ad una serie di interpretanti fino a quando non si arriva ad uno che viene giudicato sufficiente per la comprensione del termine. Tale decisione finale viene spiegata da Peirce in termini di impressioni, suggestioni e disposizioni comportamentali. Proprio su questa idea egli fonda la dottrina filosofica del pragmatismo, secondo il quale il significato di un concetto è l'insieme dei suoi effetti concepibili.

IL PRAGMATISMO IN SEMIOTICA

Il vero "profeta" del pragmatismo però, non fu Peirce ma James, il quale sostenne che il significato di un segno coincide con l'azione o le azioni che esso provoca. Distaccandosi da questa tesi Peirce inizia a parlare di pragmaticismo, sostenendo che il significato di un segno risiede nelle azioni concepibili.

Peirce, nel corso dei suoi studi, si occupò fra l'altro di dar vita ad una classificazione dei segni, che egli distinse in:

  • Icona, ovvero un segno correlato al suo oggetto per similarità. Alcuni esempi sono le illustrazioni, i ritratti e le caricature;
  • L'indice, ossia un segno che si riferisce all'oggetto che esso denota, in virtù del fatto che è realmente determinato da quell'oggetto. I segni indicali sono motivati per contiguità fisica: alcuni esempi sono la firma, la fotografia e l'impronta digitale;
  • Il simbolo, vale a dire un segno che si riferisce all'oggetto che denota. In virtù di un'associazione di idee generali, si tratta di un segno non motivato, e quindi arbitrario: alcuni esempi sono il linguaggio naturale o il codice della strada.

Naturalmente, occorre dire che i segni sono entità complesse in cui possono coesistere determinate caratteristiche. Per esempio, nelle icone prevale l'elemento iconico, ma non è il solo ad agire: infatti se noi riconosciamo una caricatura è perché siamo stati "addestrati" a riconoscere un determinato stile.

Per rendere conto degli aspetti convenzionali delle icone, Peirce introduce il termine "ipoicone".

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