Pensiero di Polibio

Il pensiero di Polibio: scrittore storico della Grecia antica legato all'ideologia e alla prassi di governo sostenuta dagli Scipioni

Pensiero di Polibio
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PENSIERO DI POLIBIO

Polibio
Fonte: ansa

Così, nella costituzione mista, le prerogative del popolo e dei consoli sono modeste, ma vengono volutamente enfatizzate dallo storico per dissimulare, dietro la finzione della partecipazione paritaria al governo, la realtà dello strapotere del senato. La tesi della "necessità" storica dell'Impero rientra perfettamente nell'ambito della polemica che, per anni, ha contrapposto il partito di Scipione, sostenitore della politica espansionistica, a quello di Catone, legato alla tradizionale economia agraria. In questa polemica, Polibio prende indubbiamente le parti del partito di Scipione, grazie a cui aveva ottenuto una notevole popolarità a Roma, e, quindi, non può essere ritenuto, come hanno sostenuto erroneamente alcuni studiosi, uno storico "al sopra delle parti".

Il timore della fine e del crollo dell'Impero romano è il motivo centrale della ricerca storica di Polibio, il quale ha ritenuto opportuno ripercorre tutte le fasi dell'espansione di Roma, cercando di capire quali fossero le ragioni del suo immenso potere e della sua ineguagliabile grandezza, per tentare di comprendere, da ciò che è avvenuto, che cosa accadrà.

POLIBIO: PENSIERO STORICO

Secondo Polibio, il problema fondamentale di ogni storico non deve essere il passato, ma il futuro; in questo, egli risulta molto simile a Tucidide, da cui riprende la rigorosa analisi scientifica, la ricerca dei dati, lo studio e l'analisi delle fonti, una puntigliosità quasi scolastica, l'indagine diretta sul campo, l'esclusione degli elementi mitici e meravigliosi dalla narrazione degli eventi storici e la ricerca della verità storica. Anche la concezione di una storia universale, che apparentemente sembra una novità tipicamente polibiana, in realtà riprende, come Polibio ha dichiarato espressamente nel proemio della sua opera, la teoria tucididea consistente nel riunire tutti gli uomini e tutti i popoli in un unico evento grandissimo; per Tucidide, questo evento è la guerra del Peloponneso, invece, per Polibio, è l'espansione romana tra la seconda guerra punica e la battaglia di Pidna.

POLIBIO STORICO

Lo studioso Mommsen ha affermato che Polibio riunisce in sé, meglio di qualsiasi altro storiografo, tutti i pregi dello scrittore di eventi contemporanei: l'imparzialità, la ricerca delle cause, la consapevolezza del suo compito. Oltre a Mommsen, altri studiosi hanno elogiato Polibio, ma attualmente, i suoi meriti storiografici sono stati ridimensionati. Infatti, molti studiosi contemporanei hanno notato che Polibio non è affatto uno storico imparziale, in quanto si pone palesemente dalla parte degli Scipioni, facendosi portavoce degli interessi delle classi sociali più elevate di Roma. Oltre a questo, sono evidenti anche altri limiti dello storico. Ad esempio, Polibio, nel trattare la tematica della religione romana, non comprende pienamente la complessità di questo fenomeno che coinvolge la ragione e il sentimento, il corpo e l'anima, il singolo cittadino e la collettività, e riprende l'antica formula sofistica della religio vista come instrumentum regni, ossia come un mezzo per tenere a freno le masse ignoranti. Egli menziona anche la tychē, considerandola come la divinità laica degli uomini colti e scettici come lui. Di essa, Polibio parla nel proemio, in cui afferma che l'Impero romano è "la più bella e la più utile delle opere della tychē ".

È difficile spiegare correttamente cosa rappresenti questo termine per Polibio: a volte sembra che la parola " tychē " alluda a una sorta di provvidenza stoica, altre volte, invece, al caso, altre volte ancora, a una forza incessante, immanente alla natura; l'equivocità della definizione di questo termine deriva dal fatto che ormai esso viene sempre adoperato per contraddistinguere genericamente tutti quei fenomeni che sfuggono a una spiegazione razionale.

POLIBIO E TUCIDIDE: DIFFERENZE

Un altro limite di Polibio riguarda i discorsi presenti nella sua opera; diversamente da Tucidide, che dichiara di attenersi a ciò che ciascuno avrebbe dovuto dire nelle varie occasioni, Polibio sostiene che lo storico deve riferire solo i discorsi che sono stati effettivamente pronunciati. Nonostante la sua preoccupazione di essere sempre fedele ai fatti storici, narrandoli così come si sono verificati, Polibio non riesce e eguagliare Tucidide, nel fornire un'affidabile e precisa interpretazione degli eventi storici; inoltre, egli non riesce a trasmettere quel pathos intenso riscontrabile nell'opera tucididea. Secondo la maggior parte degli studiosi contemporanei, dunque, Polibio vale più come storico che come scrittore; tuttavia, egli è stato elogiato da alcuni critici moderni. Fra questi, spicca indubbiamente Benedetto Croce, il quale, lodando i meriti di Polibio ha affermato: "In Polibio, la vigilanza critica, l'austerità scientifica, l'ammirazione verso la storia di Roma giungono a livelli così alti, che si potrebbe considerare lo storico di Megalopoli come uno di quei grandi pagani che l'immaginazione medioevale ammise nel Purgatorio o nel Paradiso, come premio della loro intensa coscienza morale grazie alla quale avevano conosciuto, per vie straordinarie, il vero Dio".

POLIBIO: VISIONE DELLA STORIA

I limiti che impedirono a Polibio di raggiungere la piena maturità della visione storiografica sono: lo scarso vigore filosofico (le sue idee sono molto simili a quelle degli stoici e derivano da spunti eclettici piuttosto confusi), l'incomprensione dei fattori economici e dei problemi sociali (ad esempio, egli non ha compreso completamente il significato dei moti rivoluzionari dei Gracchi), il moralismo e il fine didascalico, l'intento di ricavare dall'egemonia romana un esempio di giustizia (l'approvazione di Polibio delle crudeltà inutili, come la distruzione di Cartagine e di Corinto, non si addice né alla legge morale né a quella politica).

Inoltre, è importante rilevare un altro grande limite polibiano: la drammaticità degli uomini, che non sono né completamente irrazionali né del tutto razionali, l'analisi dei tratti psicologici e delle fedi, il combattere per gli interessi e gli ideali, l'insieme dei pregi e dei difetti sono tutti elementi che sembrano sfuggire a questo storico, che appare come un freddo indagatore dei fatti politici e militari e del loro significato razionale.

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