Pena di morte | Video

La pena di morte è la massima forma di pena infliggibile al condannato. Chiamata anche pena capitale, consiste nell'uccisione di un individuo ordinata da un tribunale in seguito ad una condanna

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La pena di morte ha radici molto antiche; infatti, si hanno prove della sua applicazione fin da popoli come Babilonesi, Egizi, Greci e Romani. Essa è poi tuttora applicata in numerosi Stati avanzati, come ad esempio gli Stati Uniti d'America.

Ci sono paesi dove è prevista la pena di morte per reati considerati gravi, come omicidio ed alto tradimento; altri, invece, dove ritengono possibile la pena capitale non solo per gli omicidi, ma anche per l'esecuzione di altri crimini violenti, come la rapina e lo stupro.
Diversi studi testimoniano come la pena di morte si configuri nella realtà di molti paesi come uno strumento di discriminazione sociale, poiché ad essere giustiziati sono in larga maggioranza criminali che appartengono alle classi sociali più deboli, membri delle minoranze razziali, individui con un basso livello di scolarizzazione, soggetti con una vita familiare allo sbando, persone con reddito molto basso.
Coloro che si dichiarano favorevoli alla pena di morte sostengono la loro posizione con un’esigenza di giustizia: la funzione basilare dello Stato è quella di difendere ogni singolo individuo ad ogni costo, tutelando in misura maggiore coloro che rispettano la legge rispetto a coloro che la trasgrediscono, punendo chi commette reati con una pena commisurata. L’assunto fondamentale è che per alcune tipologie di colpa nessuna pena, tranne la morte, costituisca la giusta punizione. La pena di morte, inoltre, placando il rancore delle vittime e dei loro parenti, attenuerebbe la tentazione di vendette private ed il ricorso a disordini sociali. Si aggiunga il fatto che l'eliminazione fisica, dunque definitiva, di un criminale eviterebbe il reiterarsi dei reati da parte dello stesso che, pur condannato, potrebbe ritornare in libertà beneficiando di condoni o di altri meccanismi previsti dalla legge; infine, anche sul versante strettamente economico, essa rappresenta un tipo di punizione molto meno gravoso di una lunga detenzione o dell'ergastolo, quindi conveniente alla società civile.

Coloro che si oppongono alla pena di morte, però, si richiamano, soprattutto, a motivazioni morali. Pur non cessando di denunciare la crudeltà intrinseca di questo strumento, essi pongono la loro enfasi sul fatto che nessun uomo, né come individuo né come rappresentante della comunità, abbia il diritto di togliere la vita ad un altro uomo, a prescindere dalla gravità delle colpe da quest'ultimo commesse. Inoltre secondo gli oppositori, la pena di morte contravviene al principio secondo cui la pena non deve tendere alla vendetta o alla semplice punizione del colpevole, ma alla sua rieducazione e al suo recupero sul piano umano e sociale. Inoltre a tutto questo si aggiunge anche la possibilità di errori giudiziari e quindi di uccidere un innocente. Per gli oppositori quest'ultimo elemento dovrebbe da solo giustificare l'abolizione della pena capitale.

La Costituzione italiana, all'articolo 27 ribadisce il divieto della pena di morte e riafferma il principio secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso dell'umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Aveva lasciato in vigore la pena di morte solo per i casi previsti dalle leggi militari di guerra; anche questi casi sono però definitivamente caduti nel 1994, con l'abrogazione dell'articolo 241 del codice penale militare di guerra.



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