Tema svolto di psicologia generale della maturità 2014 per i servizi sociali

Svolgimento del tema di psicologia generale e applicata della seconda prova 2014 dell'esame di stato per l’Istituto professionale per i servizi sociali

Tema svolto di psicologia generale della maturità 2014 per i servizi sociali

PSICOLOGIA GENERALE E APPLICATA MATURITA’ 2014 ISTITUTO SERVIZI SOCIALI

La prova di psicologia generale e applicata 2014 della maturità 2014 per l’Istituto professionale per i servizi sociali ha proposto agli studenti due argomenti diversi.

I candidati hanno potuto scegliere di approfondire l’argomento del servizio sociale e delle professioni di aiuto, o in alternativa di svolgere il loro tema di psicologia generale affrontando le questioni riguardanti le persone “senza fissa dimora” e i servizi a loro dedicati.

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TEMA PSICOLOGIA GENERALE E APPLICATA SECONDA PROVA 2014

Tema svolto di psicologia generale della maturità 2014

Come i maturandi 2014, anche i tutor di Studenti.it hanno affrontato le tracce del tema di psicologia generale della maturità 2014.
Ecco il tema svolto sulle professioni d'aiuto, per l'esame di stato 2014 per l'istituto professionale per i servizi sociali:

"LE PROFESSIONI DI AIUTO"

Le professioni di aiuto sono definite" professioni umane" in quanto pongono al centro della loro riflessione : l'uomo. L'area delle professioni di aiuto raggruppa quella "clinica" e quella "sociale" le finalità di entrambe sono convergenti nell'intenzione di "essere di aiuto" e spesso nella pratica gli operatori dell'una e dell'altra debbono operare fianco a fianco. Ma la "mission" idealtipica di ciascuna è differente e questa linea di confine deve esser posta con il massimo rigore.

L'area clinica (curing) ha a che fare con le patologie e con la guarigione da esse; quella sociale (caring) ha a che fare con il preoccuparsi del vivere umano e il suo senso. Può accadere, alle volte, che gli operatori sociali si ritrovano a "pensare come medici", si accostano ai problemi degli utenti come se avessero anch'essi patologie da eliminare, invece che un vivere migliore da sviluppare. Proprio su questo punto si deve prestare attenzione in quanto compito del servizio sociale è "PROMUOVERE il cambiamento sociale, la soluzione dei problemi nelle relazioni umane, l’empowerment e la liberazione delle persone, per promuoverne il benessere".

Partendo da tale definizione possiamo osservare i molteplici obiettivi che il servizio sociale si occupa di sviluppare nei confronti delle persone, per poter permettere loro una "vita degna di essere vissuta". Si parte dall' aiutare le persone a capire meglio la propria situazione problematica, a fronteggiarla e a trovare soluzioni per uscirne, a saper utilizzare,, tutte le risorse possibili : le proprie capacità personali (capitale umano), le risorse positive della propria famiglia e della propria rete primaria (capitale sociale), le risorse della comunità (volontariato organizzato e non), le risorse istituzionali (dell’organizzazione propria e non: centri di aggregazione, organismi privati, ecc.). Per attivare un aiuto all’utente sul piano razionale-emotivo per chiarificare, rendere visibile, comprendere meglio la situazione per poterla fronteggiare con il fine ultimo, se possibile, di diventare autonomo dal servizio.

Il lavoro sociale, come tutte le professioni, è “specializzato”, il fatto però che il suo “oggetto” di interesse sia in generale la relazione tra le persone e il loro ambiente sociale, ha forse agevolato una sua posizione critica rispetto ai paradigmi scientifici tradizionali: la sua preoccupazione, molto pragmatica , è sempre stata quella non di cambiare la persona rispetto alla sua patologia, e né di cambiare la società indipendentemente dalle persone che ne fanno parte, bensì quella di “modifica della persona nella misura in cui ciò sia necessario perché possa incidere nella realtà sociale per la risoluzione dei suoi problemi (e accetti di farlo) e la modifica della realtà sociale in quanto questa possa avvenire con i diretti interessati”.

Ne emerge un’idea di relazione che è perfettamente umana, perché generativa, costruttiva, in cui si lasciano integre le potenzialità di crescita umana degli uni con gli altri. Il lavoro sociale è implicato in processi di fuoriuscita da situazioni di vita giudicate: inaccettabili o intollerabili, questa fuoriuscita è come una sorta di "attraversata del deserto", che per definizione è affidata alle gambe di chi è motivato, desidera compierla. In questo senso il lavoro sociale è azionale e quindi relazionale, in quanto presuppone sempre un agire associato (sociale), vale a dire di una certa volontà a conseguire assieme, un risultato, un cambiamento che dovrebbe "andar per il meglio".

La teoria relazionale ci conferma che nel lavoro sociale il benessere sociale richiede insieme flessibilità e strutturazione, spirito libero e razionalità istituzionale. Esso richiama una vera relazione tra istituzioni e società civile quindi una cooperazione con le organizzazioni, con le comunità, con i singoli. A questo proposito non si può non introdurre il tema della “trifocalità del servizio sociale”, sinteticamente definibile come la capacità di contenere in un unico sguardo: utente, sistema assistenziale e comunità/territorio. Il servizio sociale si pone come punto di intersezione tra l’utente, la struttura assistenziale e la comunità con lo scopo di promuovere e sostenere i legami fra loro esistenti nonché funzionali a un’azione di promozione sociale delle persone, dei gruppi, delle comunità, delle stesse istituzioni assistenziali, pubbliche e private.

Avendo parlato dei principali fondamenti teorici del servizio sociale possiamo passare nell'analizzare la struttura del caso, di quali sono le parti che lo compongono, al fine di capire come un processo di aiuto deve partire dalla persona che si rivolge al servizio, e l'importanza del tecnico del servizio sociale che deve svolgere il ruolo di facilitatore. L'intervento vero e proprio inizia sempre con un primo colloquio nel quale è necessario che si stabilisca quella "fiducia di fondo", preliminare della relazione professionale. Il colloquio è di importanza basilare è lo strumento principale del lavoro dei professionisti dell’aiuto, è definito come “una conversazione intenzionalmente definita, finalizzata, accettata reciprocamente dai partecipanti: l’assistente sociale e l’utente", ed assume caratteristiche diverse a seconda della modalità di segnalazione, diretta o indiretta.

L'analisi del caso parte: dalla fase conoscitivo descrittiva che ingloba la descrizione della storia dell'utente, il problema, gli strumenti utilizzati e il modello di intervento. Poi la fase valutativa e decisionale in cui troviamo la definizione degli obiettivi a breve e a lungo termine, il piano di intervento, l'identificazione delle risorse e le attività di coordinamento delle risorse. La fase attuativa, che prevede il monitoraggio della situazione e infine la fase di verifica e la conclusione.

Per concludere possiamo affermare, che il fine del servizio sociale è la promozione del benessere, la quale potrà essere raggiunta solo nel momento in cui consideriamo ogni persona a sé, come qualcosa di IRRIPETIBILE che non bisogna curare ma accompagnare stando "un passo indietro".

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