Maturità 2013: il saggio breve, gli svolgimenti

Prima prova maturità 2013, ecco lo svolgimento del saggio breve sull'Individuo e la Società di massa con passi di Pasolini, Canetti e Montale

Maturità 2013: il saggio breve, gli svolgimenti

Prima prova Maturità 2013, ecco il saggio breve svolto su Individuo e Società di Massa con testi di Pasolini, Montale e Canetti.

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L'avvento della società di massa è un fenomeno che ha segnato come pochi altri la storia degli ultimi cento anni e costituisce una realtà complessa, risultante dall'intreccio di una serie di processi economici, di trasformazioni politiche, di mutamenti culturali. Di "massa" in quanto moltitudine omogenea, aggregato indifferenziato in cui i singoli tendono a scomparire rispetto al gruppo, si parlava già all'inizio dell'800, dopo che la rivoluzione francese aveva visto il "popolo" entrare per la prima volta da protagonista sulla scena politica.

I problemi del rapporto fra massa e individuo erano stati al centro della riflessione di molti pensatori ottocenteschi, ma è solo tra la fine dell'800 e l'inizio del '900, col diffondersi dell'industrializzazion nei paesi economicamente più avanzati dell'Europa occidentale e del Nord America, che si affermano le principali caratteristiche di quella che oggi viene definita "società di massa". La società di massa si fonda su un modello di civiltà (anche urbanistica) in cui gli uomini si trovano a più stretto contatto gli uni con gli atri ed entrano in rapporto fra loro con maggiore frequenza e facilità.

Ma questi rapporti, infinitamente e quotidianamente moltiplicati, hanno spesso un carattere anonimo e impersonale. Il dato essenziale di questo nuovo rapporto fra individui è dato dal costruirsi delle stesse relazioni sociali: nella società di massa il sistema delle relazioni sociali non passa più attraverso le piccole comunità tradizionali, ma fa capo alle grandi istituzioni nazionali. Gli apparati statali, i partiti e in genere tutte le organizzazioni "di massa" esercitano cioè un peso crescente sulle decisioni pubbliche e sulle stesse scelte individuali.

Perché possa esistere una massa occorre che i singoli membri del gruppo non abbiano una propria opinione. Ciò vuol dire che l'opinione di massa, diversamente dalla tradizionale opinione pubblica, non emerge dalla somma delle opinioni individuali. L'opinione pubblica, piuttosto, viene imposta ai singoli individui come un orientamento generale, che non deriva dalla loro esperienza particolare, ma che li travalica e che viene accolto proprio perché già condiviso dagli altri, senza bisogno di confrontare le rispettive posizioni e i relativi punti di vista. L'opinione di massaè il frutto dell'isolamento e dell'atomismo sociale.

Il segreto della comunicazione collettiva diventa quello della ripetizione, anonima e vuota, di immagini, slogan, caratteri sempre uguali, che il pubblico non è chiamato a comprendere ma a consumare con un ritmo frenetico. Le informazioni sono inserite, come prodotti, all'interno di un vero e proprio circuito di consumo in cui, come merci, devono essere acquisite passivamente dal maggior numero possibile di persone senza possibilità di modifica o di contraddizione. Per questo, con straordinaria intuizione, nell'America del grande benessere postbellico, Andy Warhol racconta il suo tempo come l'era della ripetizione seriale, dove le confezioni alimentari, le immagini di cronaca (anche brutale e violenta), i ritratti di personaggi noti acquistano tutti lo stesso valore, significano lo stesso vuoto di senso, la stessa mancanza di contenuto.

Fra i diversi mezzi di comunicazione è forse la televisione ad aver esercitato, a partire dal secondo dopoguerra, un'influenza esponenziale nel corso degli anni e per tutto il Novecento. Nel mondo occidentale l'avvento della televisione trasforma radicalmente le pratiche dell'informazione, crea nuove abitudini familiari, nuove forme di intrattenimento collettivo e nuovi modelli di comportamento, introduce un diverso uso del tempo libero. Con la diffusione del piccolo schermo si afferma definitivamente una cultura in cui l'immagine tende a prevalere sulla parola scritta. In particolare in Italia la diffusione della televisione coincide con una fase estremamente delicata nella storia del paese: la grande crescita economica e l'accelerata mobilità sociale del secondo dopoguerra. In questo contesto, ua delle più importati e peculiari specificità dell'Italia è quella della condizione linguistica.

Anche per questo moltissimi intellettuali italiani hanno guardato con interesse e, spesso, con preoccupazione al fenomeno della televisione e al suo rapporto con i cambiamenti linguistici in atto. Primo fra tutti, forse, Pier Paolo Pasolini ha dedicato tantissime pagine alla battaglia contro la scomparsa dei dialetti, il livellamento dell'uso linguistico, la perdita di potere espressivo e “poetico” di un italiano che si appiattisce sempre di più su modelli televisivi e, quindi, massificati. La concezione del rapporto fra individuo e società si esplica, per l'autore, in una necessaria e totale partecipazione ai caratteri del presente. La cultura è, per Pasolini, presenza nel mondo, intervento nell'attualità per affermare ideali ed esigenze dell'individuo. Anche e soprattutto attraverso la sua condizione di omosessuale, il confronto fra l'artista e la società di massa si esplica sotto il segno dell'alterità e dello scandalo, della provocazione rispetto al centralismo della società del consumi. Questo centralismo Pasolini riconosce un potere di controllo e di repressione ideologica e, quindi, materiale tanto più forte e temibile della repressione dei regimi dittatoriali.

L'idea che la società di massa sia la negazione dello stato democratico e della libertà individuale è del resto estremamente diffusa nella cultura occidentale. Nei grandi processi storici che hanno portato ai due conflitti mondiali, le grandi istituzioni di massa (i sindacati, gli eserciti, i partiti) hanno coinvolto i popoli del mondo in movimenti di rivendicazione e protesta: “erano due masse […] due masse ugualmente eccitabili, che parlavano la medesima lingua” ricorda Elias Canetti di una rivolta viennese del 1927. Con l'ascesa e poi, negli ultimi decenni del Novecento, la crisi della società dei consumi, il processo di massificazione ha raggiunto nuove sembianze e nuove valenze politiche. Il rapporto fra gruppi ha lasciato il posto ad un'unica massa eterodiretta da grandi poteri internazionali, titolari dei massimi sistemi economici di un mondo globalizzato. Questo nuovo sistema di potere si basa sull'accettazione, da parte della massa, di cedere la propria individualità (per diventare “uomini e donne d'allevamento”, come scrive Bodei) in cambio di un sicuro e facile benessere.

Nell'era mediatica che apre il nuovo millennio, il rapporto fra individuo e società si iscrive nei termini di un'esasperata accelerazione. Le più tradizionali forme di coinvolgimento e aggregazione sociale vengono schiacciate nella mancanza di pluralità e di iniziativa. Non c'è più la partita di calcio domenicale che fermava il paese davanti alla radio e negli anni Sessanta catturava l'attenzione di Guttuso: davanti ad un'offerta che aumenta continuamente il consumatore perde l'emozione del gesto, del rituale, e (avendo tutto) rinuncia una volta per sempre alla possibilità di scegliere

Dalla spiaggia affollata di Montale, dove un accumulano di vecchi e nuovi stereotipi nega il confronto con la natura, ai villaggi vacanza dispersi sulle coste del mondo, che sono ogni luogo e nessun luogo insieme: in questo vuoto troppo colmo può affogare il relitto dell'“umanesimo europeo”. O può, come Robinson Crusoe, ritrovare le sue ragioni sopravvivenza e di civiltà.

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