La letteratura e l'arte devono osservare la realtà dall'esterno, con il distacco necessario per coglierne l'irrimediabile insensatezza. Il saggio L'umorismo, del 1908, spiega come un'arte capace di mostrare le contraddizioni della realtà non possa che essere un'arte umoristica: chi riesce a guardarsi vivere matura un distacco dalla vita e dalle sue miserie che gli garantisce uno sguardo ironico e amaro su tutto, compreso se stesso. Per definire l'umorismo, Pirandello ne sottolinea soprattutto la componente riflessiva, quella che maggiormente lo distingue dalla comicità. L'umorismo nasce infatti dal sentimento del contrario, dalla consapevolezza, frutto esclusivo della riflessione, che la realtà è molto più complessa e frantumata di quanto appaia: se una situazione viene avvertita come contraria a ciò che riteniamo normale, la troviamo comica e ci viene da ridere. La riflessione induce alla ricerca di un significato, di una possibile spiegazione e trasforma inevitabilmente l'avvertimento del contrario in sentimento del contrario. Questa è la differenza tra comico e umoristico. L'assurdità e ambiguità del reale giustificano, in sede di narrazione, la dissoluzione della trama, gli improvvisi scarti nel narratore, la moltiplicazione dei punti di vista, delle possibili verità. Il romanzo diviene così antiromanzo, in quanto, dovendo rappresentare la complessità del reale, che non è forma cristallizzata ma flusso continuo, diviene tutto e il contrario di tutto, ragione e follia, realtà e apparenza, sogno e veglia. I personaggi sono allora verbosi e la loro lingua riflette il caos, il disordine del reale, dunque non una lingua dei libri ma più vicina possibile al fluire della vita, alla realtà quotidiana. Di qui la scelta del parlato e, per alcune commedie, del dialetto siciliano. Tuttavia bisogna ricordare che nel 1925 abbiamo una parziale evoluzione del pensiero pirandelliano: la stagione dei miti è infatti il desiderio di riavvicinamento alla vita e alla natura, che attenua il carattere argomentativo e allegorico di questi testi, il linguaggio tende ad allontanarsi dal quotidiano e approdare alla sfera dell'onirico, del surreale, quella più vicina al mito della natura, di un mondo che non esiste nella realtà, mosso dall'esclusiva volontà dell'esistere.