Don Rodrigo | Video

Nel romanzo dei Promessi Sposi di Manzoni, Don Rodrigo è un personaggio del suo tempo, il '600. Manzoni ne fa una descrizione psicologica più che fisica. Scopri di più su questo personaggio

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Egli scommette con il cugino Attilio che riuscirà ad impedire il matrimonio tra Renzo e Lucia. Varie volte Don Rodrigo capisce di essersi imbarcato in un’impresa sciocca che, anche se coronata da successo, non gli darà alcuna soddisfazione. Tuttavia non si tira indietro perché questo personaggio è prigioniero della sua classe sociale e dei tempi: nella faccenda di Lucia, ad esempio, ci è entrato per scommessa con il cugino Attilio e per una questione di onore vi rimane sino in fondo. Ha paura di perdere il rispetto e di non essere considerato all’altezza della situazione.

Don Rodrigo è un personaggio statico: egli raffigura il tipico nobiluomo di provincia, vittima della sua ricchezza e della sua posizione sociale. In questo senso lo potremmo definire come il simbolo della staticità del male. Egli è l’antagonista della storia, colui che si pone contro i protagonisti, che e dà origine a tutta la vicenda e alle conseguenze subite dagli altri personaggi. Don Rodrigo è come lo specchio del suo tempo, di quel Seicento di cui il Manzoni ci ha lasciato il quadro più vasto, multiforme e completo che mai sia stato fatto. Sebbene sia colui che, con il suo agire avventato e prepotente, rende possibile tutta la vicenda, è l’unico personaggio di cui non ci venga fatta una presentazione vera e propria. Lo conosciamo solo attraverso i simboli e gli attributi della sua forza e dell’autorità e attraverso il suo agire, o meglio le conseguenze del suo agire. Anche quando non è presente è come se lo fosse, è il cattivo genio di tutta l’azione.

Appare sin dall’inizio tramite le parole dei bravi e il racconto di Lucia, ma la sua vera comparsa fisica è nel cap. V: «…Don Rodrigo […] era lì in capo di tavola, in casa sua, nel suo regno, circondato d’amici, d’omaggi, di tanti segni della sua potenza, con un viso da far morire in bocca a chi si dia una preghiera, non che un consiglio, non che una correzione, non che un rimprovero…» Don Rodrigo compie azioni malvagie semplicemente perché è sicuro che la sua posizione sociale e gli appoggi di persone molto influenti e poco scrupolose gli garantiscano l’impunità, e perché, nella assenza d’ogni principio morale, egli conosce solo una legge: quella del più potente e prepotente, perché le leggi codificate sa di poterle violare a suo piacimento. Tuttavia, pur essendo un malvagio, non ha il coraggio delle proprie azioni e si preoccupa di salvare sempre le apparenze, come vediamo in parecchie circostanze, ad esempio nello sgomento che prova dopo il fallito tentativo di rapimento di Lucia, compiuto dal Griso.

Don Rodrigo, insomma, appare come un piccolo tiranno di campagna, che non  è preparato ad accettare le conseguenze delle sue azioni e quindi non sa essere grande neppure nel male: non sa neanche avvalersi di quella capacità di suscitare paura e sgomento, ma contemporaneamente anche rispetto. Per questo motivo vuole tentare anche lui la sua grande impresa, ma rimane invischiato dalla sua stessa impotenza e incapacità. Nel corso di tutto il romanzo Don Rodrigo può essere considerato un personaggio statico: non cambia, né nel bene, né nel male: non è la testardaggine che lo induce a persistere nel suo “scellerato disegno”, bensì le beffarde parole del cugino, il conte Attilio.

Probabilmente Don Rodrigo desidererebbe, in cuor suo, abbandonare l’impresa, che però è costretto a condurre fino in fondo, per una questione di puntiglio e d’orgoglio famigliare.

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